Tra le grandi figure femminili dell’800 italiano Clara Maffei aveva la stoffa di un moderno segretario di Stato.
Tra il 1948 e il 1859, quello della contessa Maffei fu il primo salotto letterario e artistico veramente italiano, centro di agitazione patriottica e di irradiazione di idee che, sotto la regia di Cavour da Torino, furono all’origine dell’Italia unita. Tra le grandi donne del Risorgimento Clara Maffei aveva la stoffa di un moderno segretario di stato. Era una perfetta padrona di casa dall’animo sereno e dal cuore sensibile, in grado di unire l’intelligenza diplomatica all’arte dell’intrattenimento: favoriva la conversazione in nome del buon gusto, del culto dell’accoglienza, mettendo tutti sempre a loro agio. Nacque a Bergamo nel 1814 dal Conte Giovani Battista Carrrara Spinelli di Clusone, uomo di lettere dal carattere bonario, e Maria Gàmbara, donna di grande cultura a cui fu affidata la prima educazione della contessina dal fisico minuto. A causa dei burrascosi rapporti coniugali dei genitori, Clara fu spedita al Collegio degli Angioli di Verona, città dove strinse grande amicizia con la contessina Teresa Mosconi, capace di affascinarla con i racconti familiari sui grandi poeti da Monti a Foscolo e Pindemonte assidui ospiti di casa sua.
IL MATRIMONIO – Alla morte della madre, Clara fu ricondotta a Milano presso il noto istituto di educazione di madame Garnier. Nel 1832, a 18 anni, eccola sposa del poeta Andrea Maffei, impiegato al Tribunale d’Appello di Milano, molto più anziano di lei. Allo strazio della perdita della figlia Ottavia, avuta da soli nove mesi, la contessa trovò conforto nella conversazione delle personalità che, dal 1834, frequentavano il suo salotto: Manzoni, Grossi, D’Azeglio, Carcano e il pittore romantico Hayez che di Clara farà nel 1835 un celebre ritratto. Così il suo brillante salotto letterario in via Monte di Pietà divenne ben presto noto in tutta Europa. Nel 1837 vi capitò anche Balzac che rimase affascinato dalla «piccola Maffei» alla quale si ispirerà per i racconti Gàmbara (1937) e La fausse Maìtresse (1842).
LA SEPARAZIONE – Fin troppo trascurata da un marito distratto dalle abitudini da scapolo, mai del tutto perdute, nel 1846 Clara prese la sofferta decisione di separarsi ufficialmente. Lasciò Andrea in amicizia dicendogli: «Ti lascio ma non ti abbandono». E fu di parola perchè 23 anni dopo, sapendolo gravemente ammalato, non esitò a trasferirsi a Firenze per curarlo, riconciliandosi con lui. Portando la sua residenza nella villa di campagna a Clusone, dal secondo piano di Piazza Belgiojoso 2, dove aveva traslocato nel 1842, il salotto si trasferì al primo piano del numero 46 in corsia dei Giardini, passando nel 1850 in un palazzo settecentesco al 21 di via Bigli. Con la partenza del marito per Venezia, quelle stanze cominciarono ad essere frequentate anche da diplomatici, ministri, alti funzionari, tutti accomunati dall’amor di patria e dall’odio per l’Austria.
La Cinque giornate di Milano |
LE CINQUE GIORNATE – Nel 1848, durante l’insurrezione delle Cinque Giornate, da lì si organizzarono soccorsi e si distribuirono alle famiglie dei caduti gli aiuti provenienti da tutt’Italia. Tornati gli austriaci, Clara raggiunse Carlo Tenca, al quale era allora sentimentalmente legata, a Locarno dove conobbe Mazzini. Di nuovo a Milano dopo l’amnistia, fece del salotto il punto d’incontro dei redattori del giornale patriottico di orientamento mazziniano Il Crepuscolo, fondato da Tenca, dove scrivevano di politica Zanardelli e Cattaneo. Mentre erano in corso i processi per la cospirazione di Mantova del 1851-1852 e la repressione seguita al fallito tentativo di insurrezione del 6 febbraio 1853 che segnò il tramonto dell’astro di Mazzini, nel salotto Maffei in segreto si agiva per mantenere serrate le fila dei fautori della causa nazionale. Le relazioni altolocate, la discrezione e il rispetto della forma evitarono a Clara le perquisizioni della polizia austriaca.
I RAPPORTI CON TORINO – Cavour, il grande tessitore, apprezzò il suo gesto di decidere di finanziare il monumento che Torino voleva erigere ai caduti sardi in Crimea. Come aveva agito con prudenza quando l’aquila bipenne mostrava gli artigli così non esitò a boicottare la politica del sorriso messa in atto dall’Austria dal 1856. Il 22 febbraio 1859, infatti, fu in prima fila dietro il feretro di Emilio Dandolo, i cui funerali si trasformarono in una grande manifestazione di italianità. Seguirono numerosi arresti, ma anche in quell’occasione la contessa non ebbe noie. Allo scoppiare della guerra, pochi mesi dopo, anche lei accorse subito negli ospedali milanesi per curare i feriti di Magenta, aprendo, riconoscente, il suo salotto agli ufficiali francesi entrati vittoriosi in città con l’esercito piemontese.
LA FINE DEL SALOTTO – Sotto il tricolore, Clara continuò a lavorare per la rigenerazione morale e materiale degli italiani in compagnia di alti intelletti da Manzoni a Verdi, da Aleardi a Boito, Praga e Calamatta. Per il salotto, ritornato ad essere un ritrovo mondano dove dibattere di politica e letteratura, cominciò un lento declino fino alla scomparsa della contessa nel 1886. L’intrepida patriota, la squisita maestra di conversazione confesserà a un’amica di aver tenacemente voluto una vita libera, scevra da convenzioni, ma meritevole del «caro prezzo» da lei pagato. Trovò degna sepoltura al Cimitero Monumentale di Milano.
Bibliografia: Raffaello Barbiera, Il salotto della contessa Maffei, F.lli Treves, 1896, 350 p., e succ. ed. del novecento (Baldini e Castoldi, Salani, Iei, Madella, Garzanti ecc.)
Danile Pizzagalli, L’amica. Clara Maffei e il suo salotto nel Risorgimento, Milano, Bur Rizzoli Saggi, 2004, 402 p.
Mauro Chiabrando
Tratto da Corriere della Sera del 11 dicembre 2010