Nell’annuale ricorrenza della battaglia di Curtatone e Montanara
Sabato 28 maggio ore 10 Cappella Pazzi Santa Croce Firenze
Manifestazione dedicata a Carlo e Paolo Lorenzini
Interventi:
Fabio Bertini
Il contesto socio-economico toscano al tempo dei Lorenzini
Sergio Casprini
Il Risorgimento dei fratelli Lorenzini tra istanze patriottiche e di progresso
Giuseppe Garbarino
Un burattino di Firenze Capitale
Gino Tellini
Pinocchio ed il paesaggio letterario del suo tempo
Presentano e coordinano l’evento
Giuseppe De Micheli e Adalberto Scarlino
Quando il “cuore” dell’Italico suolo batteva nel burattino Pinocchio
Da sei anni, l’Opera di Santa Croce e il Comitato Fiorentino del Risorgimento hanno recuperato la tradizione scomparsa dal secondo dopo guerra di ricordare, nel tempio delle “Itale glorie” che, i toscani, insieme ai napoletani, fermarono gli austriaci. Con quanti trovarono la gloria sui campi di Curtatone e Montanara, erano i fratelli Carlo e Paolo Lorenzini, cui specialmente oggi è dedicata la celebrazione.
Da una parte l’innovazione letteraria votata alla costruzione dell’italiano, nella logica dell’ “Abbiamo fatto l’Italia. Ora si tratta di fare gli italiani”, tanto spesso ricordato ancora oggi, di cui parla Gino Tellini, inquadrando il “Pinocchio” di Carlo nell’ampio scenario del rinnovamento culturale, nell’ambito del paesaggio letterario dell’Ottocento. Dall’altra, l’innovazione e lo sviluppo tecnologico che portò Paolo ad essere uno degli interpreti più incisivi dello sviluppo industriale toscano di cui parla Fabio Bertini tra modernizzazione dei processi produttivi e contraddizioni sociali. Le biografie dei due fratelli Lorenzini, ricostruite e inquadrate in quelle linee generali da Sergio Casprini, rendono, attraverso testimonianze iconografiche, il senso della Toscana che cambia tra le aspettative dell’indipendenza e le prospettive dello sviluppo nazionale del secondo ottocento. “Pinocchio” assume allora il senso della metafora di quella dinamica come mostra Giuseppe Garbarino, svelando la metafora che si cela dietro i personaggi e i luoghi di quello straordinario romanzo, luoghi di fantasia che rievocano per Carlo Lorenzini la Firenze degli anni precedenti la Capitale, quel torpore provinciale, quell’autenticità di popolo, travolti poi dall’arrivo dei piemontesi e da una rapida trasformazione urbana.
Così, i due fratelli, insieme simboleggiano pienamente lo spirito di Curtatone e Montanara che oggi si ricorda, un desiderio di cambiamento per il quale tanti volontari civici e tanti studenti si batterono, con il sostegno morale e attivo di tante donne, vera e propria retrovia di quelle Termopili toscane del 29 maggio 1848, come furono definite. Per questo le lapidi con i nomi dei caduti, collocate in Santa Croce, ebbero tanta importanza per i toscani. Velate il 29 maggio del 1851, per ordine del governo toscano e degli austriaci, strappate quel giorno stesso dalla ribellione popolare, asportate poco dopo dalle autorità che ne temevano il carisma, furono ricollocate nel tempio all’indomani della rivoluzione toscana del 27 aprile 1859, dal governo provvisorio, come primo atto della nuova Toscana. Tutto era da fare. Altri volontari toscani dovevano perdere la vita nella seconda guerra d’indipendenza, poi nella liberazione del Mezzogiorno fino al compimento dell’Unità nazionale. Cominciava allora il compito dell’unificazione culturale e morale cui il “Pinocchio”, come il “Cuore” di De Amicis e altri racconti, romanzi e poesie, avrebbero efficacemente cooperato, specialmente guardando a una lingua nazionale comune. Il burattino Pinocchio, bisognoso di superare i suoi difetti, prima di tutto la bugia e il velleitarismo, per passare dal legno di una umanità artificiosa alla carne e al sangue dell’umanità reale ebbe successo perché simbolo del cammino da fare, così come il ritrovarsi ogni anno in Santa Croce per ricordare il sacrificio di un popolo fu un rito assai sentito. Ed è il motivo che ci vede riuniti qui anche oggi perché ai valori di quel Risorgimento è opportuno guardare.