Il 4 novembre è la Giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate, in ricordo del 4 novembre 1918, anniversario della fine della prima guerra mondiale per l’Italia
Il 4 novembre è stata l’unica festa nazionale che, istituita nel 1919, abbia attraversato le età dell’Italia liberale, fascista e repubblicana.
Il giorno della memoria, ufficializzato nell’ottobre 1922 dall’ultimo governo liberale, doveva contribuire tanto a celebrare la vittoria dell’Italia quanto a ricordare il sacrificio di chi perse la vita durante il sanguinoso conflitto. Durante il regime fascista l’anniversario venne parzialmente eclissato dalla celebrazione della marcia su Roma, che cadeva solo qualche giorno prima, il 28 ottobre. Mussolini, inoltre, intese fascistizzare pienamente la festa: gli unici titolati a celebrare una giornata che ricordasse il coraggio e la forza degli italiani non potevano che essere i fascisti.
In quel giorno attorno ai monumenti ai caduti, che dominavano per dimensioni e per enfasi scultorea tutte le piazze d’Italia, si adunavano folle di civili e militari inquadrate dai gerarchi fascisti a testimonianza del valore dell’esercito italiano e del suo Duce, Mussolini, che ne voleva rinnovare le gesta. Erano manifestazioni di mera propaganda nazionalista e militarista
Con la caduta del regime nel ’43 l’anniversario della vittoria assunse i caratteri di una festa nazionale destinata a celebrare l’unità del popolo nel sacrificio, ricollegando tale occasione con la memoria delle lotte risorgimentali.
A partire dal ’49 essa divenne anche “Festa delle Forze armate”, ritenute depositarie dei valori della concordia e dell’unità. Le celebrazioni si mantennero perciò su questo doppio canale: da una parte rito civile attraverso il quale il popolo aveva la possibilità di specchiarsi nel proprio passato patriottico; dall’altra, giornata in cui le Forze armate d’Italia celebrano in un’unica data le proprie glorie e le proprie memorie.
Fino al 1977 è stata un giorno festivo a tutti gli effetti. Da quell’anno in poi, a causa di una riforma del calendario delle festività nazionali introdotta per ragioni economiche con lo scopo di aumentare il numero di giorni lavorativi, viene celebrata nella prima domenica di novembre. Nel corso degli anni ’80 e ’90 la sua importanza nel novero delle ricorrenze nazionali è andata declinando anche perché si è allentato progressivamente il rapporto tra esercito e popolo per la presenza di movimenti pacifisti e di contestazione dei valori patriottici. Valori patriottici che con merito prima Ciampi e poi Napolitano hanno saputo riproporre in questi ultimi anni. Però i due presidenti non sono riusciti a riportare in auge questa ricorrenza, come avveniva negli anni 50 del Novecento, come invece è avvenuto per il 2 Giugno, festa della Repubblica, che non a caso è tornata ad essere a pieno titolo un giorno festivo.
Manca soprattutto alle nuove generazioni la consapevolezza di quel momento storico, così importante per le vicende italiane. In effetti, depurata da ogni eccesso retorico, tale data potrebbe contribuire alla memoria della Grande guerra quale compimento di quell’unità nazionale invocata dai padri del Risorgimento. Furono infatti le trincee a far incontrare per la prima volta siciliani e veneti, liguri e pugliesi, resi consapevoli in quel momento drammatico di appartenere ad una stessa comunità.
Se oggi l’Italia è attraversata da una profonda crisi d’identità, la sua rinascita quindi non può che passare dalla conoscenza e dalla tutela del suo passato.