Reggio Emilia, Palazzo dei Musei
6 aprile – 14 luglio 2019
La mostra, in programma dal 6 aprile, è a cura di Virginia Bertone, Elisabetta Farioli, Claudio Spadoni e coinvolge la Fondazione Torino Musei-Galleria d’arte moderna e la Galleria Ricci Oddi di Piacenza
“Felice l’artista che nasce dopo morto” confidò Antonio Fontanesi a un suo allievo. E la mostra “Antonio Fontanesi e la sua eredità. Da Pellizza da Volpedo a Burri” che Reggio Emilia propone dal 6 aprile al 14 luglio a Palazzo dei musei, a duecento anni dalla nascita dell’artista, è un po’ la storia di una “resurrezione” artistica.
Nella mostra, i dipinti di Antonio Fontanesi provenienti da importanti musei e collezioni italiane sono posti a confronto con le opere degli artisti che la critica ha collegato con la sua produzione, individuandone possibili motivi di ispirazione in un arco cronologico che dagli anni Ottanta dell’Ottocento arriva fino agli anni Sessanta del Novecento. Sono documentati i rapporti con la cultura simbolista e divisionista attraverso opere di Vittore Grubicy, Leonardo Bistolfi, Giuseppe Pellizza da Volpedo, Angelo Morbelli ma anche la sua ripresa negli anni Venti ad opera di Carlo Carrà, Felice Casorati, Arturo Tosi. L’ultima sezione è dedicata alle interessanti interpretazioni critiche degli anni Cinquanta di Roberto Longhi e poi di Francesco Arcangeli. Quest’ultimo infatti, nell’individuare una continuità tra la concezione moderna dell’arte e la grande tradizione ottocentesca, inserisce Fontanesi nell’evoluzione di un naturalismo che nel dopoguerra arriva a Ennio Morlotti, Mattia Moreni, Pompilio Mandelli spingendosi fino alle ricerche materiche di Alberto Burri
Antonio Fontanesi inquieto nell’arte e nella vita, “artista randagio” per i contemporanei, “globetrotter” lo definiremmo oggi, ha trascorso un’esistenza densa di esperienze e incontri.
A Reggio Emilia, città dove nasce nel 1818, rimane fino a trent’anni quando, spinto dall’urgenza di partecipazione patriottica, si rifugia in Svizzera dove nel 1850 si stabilisce, a Ginevra, città che segna una tappa importante della sua vita. Da qui si sposta continuamente per dipingere tra i paesaggi del delfinato, ma compie anche importanti viaggi europei fondamentali per la sua arte: Parigi nel 1855 e nel 1861, Londra nel 1865. Il breve soggiorno a Firenze nel 1866 segna la sua volontà di tornare in patria, unitamente alla ricerca di un insegnamento accademico che gli offrisse stabilità economica. Dopo la breve esperienza di Lucca, finalmente nel 1869 ottiene la cattedra di paesaggio all’Accademia Albertina di Torino. Non si placa anche in questi anni la sua inquietudine di uomo e di artista; dal 1876 al 1878 si trasferisce a Tokyo dove insegna alla Scuola d’arte. Tornato a Torino, dove muore nel 1882, trascorre gli ultimi anni tra incomprensioni e difficoltà.
Palazzo dei Musei
via Spallanzani, 1 – t. 0522 456816
orario di apertura invernale
dal martedì al venerdì 09.00 / 12.00
sabato, domenica e festivi: 10.00 / 13.00 e 16.00 / 19.00
orari di apertura estivi (luglio – agosto)
dal martedì al sabato 9.00 / 12.00 – 21.00 / 23.00
domenica e festivi: 21.00 / 23.00
lunedì chiuso
Ingresso gratuito