Francesco Chiamulera Corriere della Sera 20 febbraio 2023
Uno spettro si aggira per l’Europa: il sovranismo.
Al turbolento decennio delle nuove destre è dedicato il saggio del politologo dell’Università di Perugia Alessandro Campi. Una delle premesse del Il fantasma della nazione Per una critica del sovranismo è che un un po’ tutta «la variopinta compagnia filosofica contemporanea» ci ha descritto la nazione come un costrutto artificiale, moribondo; ma allora come spieghiamo la sua residua capacità di sbancare le urne in Usa come in India, in Svezia come Polonia, in Italia con il primo governo di destra-centro? Lasciamo quindi da parte il giudizio dello storico Hobsbawm, che la considerava un passaggio transitorio: magari in futuro andrà così, ma per ora, scrive Campi, il ventunesimo secolo, dalla Catalogna e Scozia al Kurdistan, mostra che la nazione è viva. E lotta insieme a noi. Proprio il conflitto in Ucraina non è solo uno scontro tra totalitarismo e democrazia, ma tra il «principio imperiale» della Russia di Putin, impegnata a fare quello che sempre fanno gli imperi, cioè invadere e assoggettare, e il «principio nazionale» degli ucraini. Che al grido di Slava Ukraïni! lottano per difendere il diritto all’autodeterminazione. La questione però si complica, se si vuole capire «cosa sia esattamente la nazione dal punto di vista di coloro che continuano a difenderla alla stregua di un’eredità storica da rivendicare con orgoglio. Si può ancora offrirne una concezione chiusa, organicistica e totalizzante, come si è fatto spesso in passato?» No. Soprattutto: possono i sovranisti, con la loro retorica che santifica il popolo come sempre buono, giusto e moralmente probo, proporsi come interpreti credibili di questa idea? Tanto meno. Perché se il nazionalismo, pur con tutti i suoi infiniti limiti (e macerie e morti), era animato almeno da una spinta di progetto, secondo Campi il sovranismo (in Italia rappresentato soprattutto dall’esperimento di coalizione gialloverde nel 2018/19) è veramente un affare di modesto calibro. Più che un’ideologia nel senso nobile del termine è «l’espressione di un umore collettivo, di un sentimento di massa segnati da una sensazione di decadenza, debolezza e incertezza, è la traduzione dell’angoscia e dello smarrimento provocati dal mondo globalizzato». Il sovranismo è difensivo e protezionista. Con i suoi vaghi appelli per il made in Italy in un mondo «segnato irreversibilmente dalla libera circolazione delle merci» è più dannoso che utile. Ignorando i vincoli che legano l’Italia «all’Europa, agli Stati Uniti e all’Occidente» dimentica gli interessi della nazione. E mentre il giudizio sul governo Meloni sembra rinviato, Campi identifica infine l’unica «nazione possibile»: quella che vada al di là della retorica alla Rousseau, ma anche di triadi intrinsecamente violente (perché imposte) come Dio, patria e famiglia.
Una nazione «pragmatica», «funzionale», aperta al mondo, che risponda alle esigenze dei cittadini mentre essi si riconoscono in essa conciliando diritti e doveri. Resta solo da trovarla.
Il fantasma della nazione
Autore Alessandro Campi
Editore Marsilio
Pag. 208
Prezzo € 15