Bombardamento russo sull’ospedale di Mariupol in Ucraina
L’anno appena concluso si apre con il drammatico scenario di una guerra in Europa e con gravissime violazioni dei diritti umani in vari paesi, in particolare nei confronti delle donne.
Il 24 febbraio 2022 l’inizio dell’aggressione russa dell’Ucraina, in patente dispregio del diritto internazionale, ha aperto la strada a una spaventosa serie di crimini contro la popolazione e a una sistematica distruzione del paese invaso. La valorosa resistenza del popolo e dell’esercito ucraini ha impedito che l’invasione si risolvesse rapidamente in una sostanziale annessione del paese, con l’installazione a Kiev di un governo vassallo di Mosca. Anzi, come sappiamo, negli ultimi mesi l’esercito russo ha dovuto ritirarsi da ampie zone conquistate nella prima fase dell’invasione.
Il dramma dell’Ucraina ha infranto l’illusione europea di aver acquisito in modo definitivo la pace e impone alle democrazie, che stanno sostenendo gli aggrediti in modo quasi unanime (anche a costo di sacrifici non da poco), un ripensamento su come difendere il proprio modo di vivere. Come si chiede in un recentissimo libro il politologo Vittorio Emanuele Parsi, “qual è il costo che siamo disposti a pagare per essere liberi?”
Alla guerra in Ucraina si è recentemente affiancata quella dichiarata al proprio popolo dalla teocrazia iraniana. Da quasi tre mesi, a partire dalla morte della ventiduenne Mahsa Amini, fermata e arrestata dalla polizia morale perché non indossava correttamente il velo, le città iraniane sono state animate da folle di donne e di uomini che rifiutano le costrizioni imposte alle loro esistenze. “Donna, vita, libertà” è lo slogan scandito nelle piazze e nelle strade dell’Iran, ma anche in moltissime città dei paesi democratici. Lo stato teocratico iraniano ha represso in questi mesi violentemente le manifestazioni, sparando sulla folla, imprigionando, torturando e stuprando migliaia di giovani e comminando pene capitali.
Il quadro della soppressione per legge delle libertà civili e politiche è ancora più impressionante, e da molto tempo, in Afghanistan Nell’agosto del 2021 i talebani hanno di nuovo assunto il controllo dell’Afghanistan e da allora sistematicamente stanno violando i diritti delle donne e delle bambine all’istruzione, al lavoro e alla libertà di movimento, azzerando il sistema di protezione e sostegno per le donne che fuggono dalla violenza domestica, arrestando donne e bambine per minime infrazioni a norme discriminatorie e contribuendo all’aumento dei matrimoni forzati e precocissimi. Di recente il ministro dell’Istruzione superiore ha introdotto il divieto a tempo indeterminato dell’istruzione universitaria per le ragazze
L’anno nuovo nasce quindi al momento senza favorevoli auspici per la libertà e i diritti dei popoli nel mondo. E però l’Occidente democratico, pur con molte contraddizioni, non solo mantiene al suo interno il principio-cardine dello Stato di diritto, ma si è dimostrato capace di difendere con i fatti un popolo oggetto di aggressione da parte di un regime che del diritto ha fatto strame.
E’ stato detto che la democrazia è la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte quelle altre forme che si sono sperimentate finora. La battuta paradossale di Wiston Churchill non dovrebbe però indurci a pensare che la democrazia sia strutturalmente difettosa. Proprio in quanto progetto di società aperta, deve ovviamente tenere conto di molteplici esigenze, diritti e condizioni oggettive presenti in un dato contesto storico. Si tratta quindi non di difetti, ma di limiti che la realtà oppone alla piena attuazione di un progetto, di cui è parte costitutiva la capacità di correggersi e di migliorare. Cosa quasi del tutto preclusa agli stati totalitari, in cui è vietata la discussione pubblica e la libera competizione di diverse forze politiche. Invece, questa “peggior” forma di governo garantisce pluralismo di pensiero e di opinione e tutti coloro che dissentono possono manifestare anche contro le leggi e il governo del loro paese; e se le proteste escono dai binari della legalità, devono venire represse dalle forze dell’ordine entro i limiti stabiliti dalle leggi.
Tra gli auguri che dobbiamo farci per il 2023, c’è anche quello di una scuola che prepari meglio alla democrazia le nuove generazioni. Non con le prediche, ma fornendo una preparazione culturale che renda i futuri cittadini in grado di comprendere i problemi su cui saranno chiamati a scegliere con il voto e abituandoli con saggia fermezza al rispetto delle regole, cioè delle persone, delle cose e delle idee altrui.
E per ritrovare quell’idealismo che dia forza alle proteste e le componga, come è successo negli anni del Risorgimento e della Resistenza al Nazi-fascismo, in un intreccio internazionale che superi le differenze, gli individualismi, le paure, gli egoismi, per la costruzione di un comune futuro di libertà e di pace.
Sergio Casprini