In Iran dopo la morte della ventiduenne curda Mahsa Amini, arrestata dalla polizia morale perché indossava il velo in maniera inappropriata, la repressione violenta non ferma la protesta delle donne iraniane, che si sta trasformando in una sfida sempre più radicale al regime degli ayatollah. Dopo dodici giorni di manifestazioni gli arresti sarebbero 3000 e i morti oltre 70.
“Donne, vita, libertà” è lo slogan scandito dalla folla nelle piazze e nelle strade, mentre le donne sventolano i loro hijab e li bruciano in falò improvvisati sotto il naso della polizia in assetto antisommossa, che ha sparato proiettili di gomma e proiettili veri, usato i manganelli e scatenato i cannoni ad acqua. Le proteste, le più violente degli ultimi tre anni, sono cresciute di intensità dopo l’uccisione, domenica 25 settembre, di Hadith Najafi, la “ragazza con la coda”. E il taglio dei capelli delle donne in pubblico, tradizionalmente un forte segno di protesta, è una delle immagini simbolo di questa rivolta, e dimostra la risolutezza delle donne, il coraggio di chi non ha più niente da perdere.
Sabato 24 settembre anche la comunità iraniana di Firenze si è riunita in piazza Sant’Ambrogio per rivendicare i diritti delle loro famiglie e dei loro connazionali. Medici, professionisti, artisti, atleti e lavoratori del turismo sventolavano anche loro come in Iran cartelli con lo slogan donna, vita, libertà. Sul sagrato della chiesa mostravano i volti delle vittime mentre scandivano a gran voce Bella Ciao: una manifestazione di protesta senza alcun intervento repressivo delle forze dell’ordine, tantomeno quello di una illiberale “Polizia morale”, a conferma che solo nella cultura occidentale esiste la democrazia e quindi la libertà degli uomini e delle donne di lottare per le proprie idee.
Va pure detto, però, che al momento in Europa e in America non c’è un forte sostegno delle istituzioni e della società civile alla lotta delle donne iraniane. Da tempo l’Occidente ha smesso di combattere con convinzione per i suoi valori; e al suo interno si è sviluppata la cosiddetta Cancel Culture, che demonizza la sua storia, la sua cultura, la sua civiltà e distrugge i monumenti del suo passato. Il perdurante senso di colpa per il suo passato colonialista e imperialista gli impedisce di contrastare con forza le ideologie illiberali, totalitarie e teocratiche presenti nel resto del mondo, a partire da molti paesi islamici.
Lo stesso sta avvenendo anche in Italia, Paese di forte tradizione democratica a partire dal Risorgimento e dalla Resistenza al nazifascismo: gli studenti che occupano il liceo Manzoni di Milano non solo contro le pratiche di scuola e lavoro, ma anche e assurdamente contro la vittoria elettorale della destra, avrebbero potuto invece far sentire forte la loro voce per il ritiro dell’ambasciatore italiano a Teheran. Tra l’altro il vero vulnus alla democrazia di queste elezioni italiane è stata l’altissima percentuale di cittadini che non hanno votato, tra cui sicuramente molti giovani. È l’indice di una progressiva disaffezione alla vita politico-sociale del nostro Paese e del venir meno di quel senso civico, che è necessario alla coesione istituzionale e morale della nazione, soprattutto in tempi drammatici come gli attuali. Va invece colta in maniera positiva la novità politica della vittoria elettorale di una donna, sicura premier del prossimo governo italiano, un evento che avvicina il nostro Paese al resto dell’Europa, in cui da anni donne di destra e di sinistra governano i loro Paesi e le Istituzioni europee.
Anna Kuliscioff
È il risultato di un lungo processo di emancipazione femminile, nato negli anni del nostro Risorgimento. Va ricordata tra le altre la figura della socialista Anna Kuliscioff, che si batté per il voto alle donne agli inizi del secolo scorso, obiettivo finalmente raggiunto nel 1946, a cui è seguita una crescente partecipazione alla politica delle donne con l’assunzione anche di rilevanti ruoli istituzionali. Se poi il nuovo governo presieduto da una donna non fosse all’altezza dei compiti che le spettano in questo difficile momento politico-economico e anzi promuovesse leggi illiberali, allora gli studenti sarebbero legittimati a protestare: i valori della democrazia e della libertà vanno sempre difesi, ovviamente a prescindere dal fatto che il capo del governo sia un uomo o una donna.
Sergio Casprini