Caro Direttore, Il 7 dicembre 1970 Willy Brandt, cancelliere della Repubblica Federale Tedesca, in visita ufficiale a Varsavia, davanti al Monumento agli Eroi del Ghetto, nei luoghi della tenace, ultima e disperata insurrezione della popolazione ebraica contro i nazisti, si inginocchiò improvvisamente, rimanendo a testa bassa, in silenzio, tra lo stupore dei suoi collaboratori. Fu un gesto impulsivo, da parte di un tedesco, socialista dall’età di 16 anni, che aveva lasciato la Germania dopo la presa di potere da parte di Hitler per costituire una cellula di opposizione al nazismo in Norvegia, resistente e democratico tutto di un pezzo, sfuggito più volte alla morte durante l’occupazione tedesca della Norvegia. Personalmente Brandt non aveva bisogno di chiedere perdono, lui che aveva lottato contro il nazismo. Ma si sentiva lo stesso, come tedesco, convolto nella terribile responsabilità degli orrori nazisti. Qualche anno dopo, ricordando quel suo mettersi in ginocchio (che tanti connazionali gli rimproverarono) Brandt scrisse: “Posto di fronte all’abisso della storia tedesca e al peso di milioni di persone che furono uccise, ho fatto quello che noi uomini facciamo quando le parole ci mancano”.
Ricordo da ragazzo le testimonianze che sentivo della guerra, dei rastrellamenti e delle impiccagioni, di donne e bambini uccisi, di Villa Triste… Atrocità commesse da tedeschi in ritirata ma anche da italiani, spie per avidità, torturatori per sadismo, stupratori, fanatici assassini. Famiglie di italiani ebrei vennero consegnate ai tedeschi da altri italiani, solo per impadronirsi del loro alloggio. Quasi nessuno ha pagato per queste infamie. E, prima della guerra, altre atrocità commesse da italiani in Africa: marce della morte di civili in Libia, assai prima del fascismo, poi le italianizzazioni forzate di minoranze altoatesine e slave, i massacri ad Addis Abeba, i gas asfissianti, molto efficaci per curare i pastori etiopi ritrosi a farsi fascistizzare. Campi di concentramento, in Italia, dove si moriva e di cui si parla sporadicamente: Fossoli, San Sabba, Bagno a Ripoli e cento altri.
Ma via, noi italiani siamo in fondo brava gente, abbiamo avuto la Resistenza che ha riscattato le colpe del fascismo, ci commuoviamo per tutto, facciamo volentieri festa. Non siamo tedeschi cattivi, siamo bravi italiani! Di cosa dovremmo mai chiedere scusa al resto del mondo? Livio Ghelli