Un gruppo su Facebook vuole togliere dal nome della città il riferimento all’impresa di Fiume. Meglio imitare Bolzano, che contestualizza il monumento fascista
Giovanni Belardelli Corriere della Sera 8 agosto
Un gruppo su Facebook sta raccogliendo adesioni perché Ronchi dei Legionari — da dove partì nel 1919 la marcia su Fiume di d’Annunzio, alla testa di un gruppo di volontari e di militari ribelli — venga ribattezzata Ronchi dei Partigiani (in considerazione della medaglia d’argento ottenuta per la partecipazione alla guerra di Liberazione).
La cittadina in provincia di Gorizia, in origine semplicemente Ronchi, acquisì il nuovo nome nel 1925 appunto per ricordare l’impresa fiumana, considerata un’anticipazione della successiva marcia su Roma di Mussolini. Ciò non toglie che la proposta di mutarne oggi la denominazione, per quanto sostenuta (a quel che scriveva ieri «il Giornale») dall’Associazione nazionale partigiani, appare al limite del ridicolo. I conflitti sulla memoria non sono una caratteristica solo italiana. Sono spesso il modo in cui, dopo un cambio di regime, una collettività inizia a fare i conti con il proprio passato. O meglio, quei conflitti evidenziano la difficoltà di storicizzare un passato ancora troppo recente, che ha lasciato dietro di sé lutti, ingiustizie, crimini.
Per decenni nel nostro Paese i giudizi sul fascismo e l’eredità della Resistenza sono stati al centro di una «guerra della memoria» (si intitola proprio così un libro di Filippo Focardi uscito qualche anno fa presso Laterza), iniziata prestissimo e che coinvolse le stesse forze antifasciste (già il 25 aprile 1948 vide un durissimo scontro tra Dc e Pci, con una manifestazione milanese che degenerò in gravi scontri); una guerra che durò a lungo, forse oltre il dovuto, almeno se pensiamo a quanti in anni recenti hanno voluto non soltanto combattere Berlusconi (cosa ovviamente del tutto legittima), ma farlo in nome della lotta contro un (supposto) nuovo fascismo. Ma che l’impresa fiumana di quasi un secolo fa possa oggi accendere gli animi di qualcuno (al di là del gruppetto su Facebook e dell’Anpi, cui si è aggiunto lo scrittore Boris Pahor) pare davvero improbabile.
Anche il sindaco Pd di Ronchi dei Legionari si è dichiarato del tutto contrario al cambio di denominazione. La bislacca iniziativa va semmai considerata come un esempio di come non si debba guardare alla storia. Oggi infatti non ha alcun senso condannare l’impresa fiumana, così come non lo avrebbe essere contrari all’intervento italiano nella Grande guerra: l’una cosa e l’altra avrebbero avuto senso allora, per i contemporanei, non per noi che viviamo alcune generazioni dopo. Da questo punto di vista, un esempio opposto, e dunque positivo, è fornito dal Monumento alla Vittoria, costruito a Bolzano dal fascismo come una sorta di umiliazione delle popolazioni di lingua tedesca, come uno strumento della dura politica di italianizzazione cui esse furono sottoposte.
Dopo il 1945 il monumento è stato continuamente oggetto di polemiche e più volte se ne è proposta la demolizione. La soluzione infine adottata è stata del tutto opposta a quella che qualcuno vorrebbe per Ronchi dei Legionari. Il Monumento alla Vittoria è stato restaurato, divenendo da qualche settimana la sede di un’esposizione ottimamente curata, che illustra la storia del monumento stesso insieme a quella della città di Bolzano negli anni 1918-1945. Implicitamente una soluzione del genere indica quale sia l’unico modo serio di porsi di fronte alle esperienze, anche le più controverse e divisive, del proprio passato: raccontare come le cose sono effettivamente andate, senza facili condanne o apologie. Nella consapevolezza che, ci piaccia o no e comunque possiamo pensarla oggi, siamo figli di tutta la nostra storia, dunque anche di quei legionari dannunziani che marciarono su Fiume quasi un secolo fa.