Gli anni centrali del secolo XIX costituiscono il punto d’arrivo di una rivoluzione che non è solo industriale, ma è anche culturale, politica, sociale…
Gli anni centrali del secolo XIX costituiscono il punto d’arrivo di una rivoluzione che non è solo industriale, ma è anche culturale, politica, sociale. Questo punto sembra chiaro sin dagli studi classici di Eric Hobsbawm, George Mosse, Franco Della Peruta. Il bilancio immediato di quel vasto incendio continentale che fu il 1848 incise a fondo sulle coscienze portando a piena maturazione e reciproca influenza i concetti di autodeterminazione dei popoli, di coinvolgimento delle masse popolari nei riti e nelle mitologie patriottiche, di diritto al lavoro, di tutela dei lavoratori, di conflitto sociale tra classi. Sicuramente furono queste le eredità del ’48 che posero le premesse non solo per un profondo rivolgimento della carta geografica europea ma anche per la nascita e lo sviluppo di un movimento democratico, socialista, operaio su scala internazionale.
Il lavoro di Fabio Bertini, già docente di Storia dei Movimenti Sindacali alla Facoltà “Cesare Alfieri”, si inserisce in questo solco, ricostruendo le matrici e i processi che portarono alla Prima Internazionale. Lo studio riprende e sviluppa i due filoni di ricerca già percorsi dallo stesso Bertini in suoi precedenti volumi come La democrazia europea e il laboratorio risorgimentale italiano (Firenze, 2006) e Gilliat e la piovra. Storia del sindacalismo internazionale dalle origini ad oggi (1776-2006) (Roma, 2011). Da una parte, esso delinea i percorsi e i modelli dei reduci delle rivoluzioni europee del 1848 verso il raggiungimento di una Repubblica Universale. Dall’altra, lo scritto analizza i percorsi paralleli di crescita mutualistica e sindacale dei lavoratori in ambito internazionale. Si viene così a chiarire i ruoli che ciascuna componente democratica, anarchica, socialista ebbe nella prima organizzazione internazionale dei lavoratori, recuperando le esperienze interne al Centro Democratico Europeo, all’ Unione Socialiste, alla Commune Revolutionaire; le idee di incontro (e per alcuni versi di tensione) tra rivendicazioni sociali e nazionali e “questione sociale”; l’opera di protagonisti della storia europea quali Mazzini, Kossuth, Bakunin, Marx. Tutte queste componenti trovarono il loro punto di tangenza nella Londra di fine anni Cinquanta e inizio anni Sessanta, in quella Gran Bretagna dove le istanze operaie seppero concretizzarsi nei lunghi scioperi di Stockport e di Preston e dove la popolazione e i lavoratori avevano da tempo preso le parti delle nazioni in lotta contro i loro aguzzini. Qui le storie degli esuli politici si intrecciavano e si confondevano con quelle dei sindacalisti owenisti e dei trascorsi cartisti.
Ci sia permesso allora di sottolineare un pregio di questo libro: l’attenta gestione e il dialogo tra la storia collettiva del mondo del lavoro e della democrazia e la storia delle singole linee pensiero. Si vengono così a delineare le diverse concezioni degli esuli e del coinvolgimento negli scenari inglesi di lotta di lavoro e di solidarietà internazionale. E dunque come scrive Maria Grazia Meriggi “in questi ambienti e in queste fasi la proclamazione, il documento, lo Statuto, l’Indirizzo rappresentano, per i loro autori, il sostituto dell’azione e indicano il progredire o il regredire di una più o meno modesta presa su comportamenti e azioni dei soggetti sociali di riferimento” (p. 27). Per altro, punto più che positivo dell’opera è il largo ricorso alla documentazione coeva e alle fonti archivistiche comunque bilanciate con una ricchissima bibliografia. Ed è sinceramente questa ricca e complessa dotazione che ci rende l’idea di un lavoro complesso in sé, ma concretamente rispondente alle singole increspature e alle differenti fluidità di un periodo cruciale per il lavoro e la democrazia.
Fabio Bertini, Figli del 48. I ribelli, gli esuli, i lavoratori dalla Repubblica Universale alla Prima Internazionale, presentazione di Maria Grazia Meriggi, Roma Aracne, 2013, pp. 564.