L’articolo di Paolo Mieli, tratto dal Corriere della Sera del 10 gennaio.
Fin da quando salì al trono nel novembre del 1830, Ferdinando II concepì la presenza del Regno delle Due Sicilie sullo scacchiere europeo come quella di un’entità politica in crescita. Benedetto Croce, nella Storia del Regno di Napoli (Adelphi) notava che, nelle intenzioni di Ferdinando II, il regno doveva essere un organismo politico «nelle cui faccende nessun altro Stato avesse da immischiarsi, tale da non dar noia agli altri e da non permetterne per sé». Così, proseguiva Croce, il figlio di Francesco I «guardingo e abile si avvicinò alla Francia, si liberò della tutela dell’Austria, che aveva sorretto e insieme sfruttato la monarchia napoletana, e mantenne sempre contegno non servile verso l’Inghilterra che era stata la protettrice e dominatrice della sua dinastia nel ventennio della Rivoluzione e dell’Impero». Ma l’Inghilterra riteneva che l’aver difeso i Borbone ai tempi di Acton e di Napoleone le desse i titoli per poter ottenere una totale subalternità da parte di Ferdinando II. E dava segni di fastidio per quel «contegno non servile» di cui parlava [Leggi di più…] infoL’errore dei Borbone fu inimicarsi Londra