Lezione teorica di agraria con la professoressa Carolina Valvassori, 1915
Riconoscere il merito, superare i pregiudizi:
scienziate ai Georgofili (1753 – 1911)
Caterina Ruggi d’Aragona Corriere Fiorentino 4 gennaio 2022
«Le donne son venute in eccellenza/di ciascun’arte ov’hanno preso cura», scriveva Ariosto nel Canto XX dell’Orlando Furioso. Erano i primi anni del XVI secolo. I talenti femminili sono però rimasti a lungo nell’ombra. Nella comunità scientifica, in particolare, la storia ne rintraccia una presenza «consentita solo fino a quando resta ufficiosa e invisibile». Lo chiarisce Federica Favino nell’introduzione al volume Donne e scienza nella Roma dell’Ottocento.
Soltanto ora, per prima, l’Accademia dei Georgofili di Firenze, che ha accompagnato lo sviluppo delle scienze agrarie, fa emergere dal buio le sue prime socie donne. Dal poderoso lavoro di recupero dei registri manoscritti in cui sono annotati i 2.500 accademici corrispondenti nei suoi primi 150 anni di attività (dal 1753 al 1864) sono infatti emersi tre nomi di donne: Teresa Paveri Invrea, Elisabetta Fiorini e Caterina Scarpellini. A cui è stata accostata Carolina Franceschinis Valvassori, eletta nel 1911. Una chimica, una botanica, un’astronoma e un’agronoma: a queste quattro figure singolari è dedicata la mostra virtuale Riconoscere il merito, superare i pregiudizi: scienziate ai Georgofili (1753 – 1911), online sul sito Georgofili.it, che attraverso lettere e documenti ricostruisce la maternità di importanti innovazioni. Come il procedimento per estrarre zucchero dall’uva e il primo monito per la conservazione della biodiversità; la stazione ozonometrico-metereologica sul Campidoglio e l’Istituto agrario femminile e di economia domestica di Firenze. «Non abbiamo tentato una storia di genere. Abbiamo voluto rendere disponibile in maniera libera e gratuita materiali difficilmente reperibili. Questo ci ha permesso di far riemergere alcune accademiche di cui si era persa memoria, riscoprendone il valore scientifico», spiega Daniele Vergari, co-curatore assieme a Davide Fiorino della mostra.
La prima donna ammessa tra i Georgofili è la marchesa Teresa Invrea Paveri Fontana. A lei viene attribuito un testo pubblicato anonimo nel 1811: Memoria sulla estrazione dello zucchero dall’uva di una castalda del Dipartimento del Taro. «Per sopperire alla mancanza di zucchero, che non arrivava più dai Caraibi per il blocco napoleonico alla circolazione delle merci, gli scienziati di tutta Europa stavano all’epoca sperimentando l’estrazione dello zucchero da uva, castagne, barbabietola e altre coltivazioni. La marchesa, che si dilettava con la chimica in modo amatoriale, mise insieme vari esperimenti — spiega Vergari — e scrisse il suo metodo di estrazione». Quel volume le procurò nel 1812, un anno prima della morte, l’ammissione tra i Georgofili, di cui però non c’è cenno nei verbali delle sedute accademiche. E nemmeno nell’elenco dei nuovi soci del 1817. La stessa autrice, in una lettera di ringraziamento all’Accademia, si dichiara stupita per un riconoscimento inaspettato ad un’«umile cultrice di quei rami di scienze naturali, che più si confanno al mio genio, e più da vicino riguardano la domestica, e rurale economia».
Sorpresa di essere ammessa tra i soci dei Georgofili, mezzo secolo dopo, è anche la botanica Elisabetta Fiorini Mazzanti, che dette un importante contributo allo studio delle crittogame (felci, muschi, licheni, epatiche e sfagni), dimostrando originalità e lungimiranza.
Sua è la polemica con il governo impegnato a ripulire dalla vegetazione il Colosseo e altre vestigia romane è una delle prime azioni di difesa della biodiversità. «A differenza dei colleghi maschi non aveva la possibilità di andare in spedizione tra le montagne. Così, erborizzava nei terreni di famiglia oppure tra le rovine romane, che proprio in quei tempi furono liberate dalla flora sedimentata da secoli di incuria. Lei ebbe il coraggio di dire “Cosa state facendo?”. Prima donna a leggere una memoria in una riunione ufficiale dei Georgofili, di cui diventò socia corrispondenti nel 1852, fu eletta — aggiunge Vergari, agronomo e socio corrispondente dei Georgofili — anche dall’Accademia medico-scientifica fiorentina. Nel 1856 diventò la prima socia ordinaria dell’Accademia Pontificia dei Nuovi Lincei. Nel 1874 partecipò all’Esposizione internazionale dell’Orticultura a Firenze, per la quale fu inaugurato il mercato di San Lorenzo.
Caterina Scarpellini, di otto anni più giovane di Elisabetta Fiorini, non fu invece ammessa ai Nuovi Lincei, sebbene suo zio Feliciano, direttore dell’Osservatorio astronomico della Sapienza, avesse contribuito alla rinascita dell’Accademica Pontificia. E nonostante le sue osservazioni dell’atmosfera attraverso cui, ad esempio, colse con acume la correlazione tra la mancanza di ozono e la diffusione di epidemie. Scoperte a cui arrivò grazie a una presenza costante, sebbene non ufficiale, all’Osservatorio astronomico, dove si era ritagliata un posto all’ombra dello zio prima e poi del marito, Erasmo Fabri, custode della strumentazione che lei ereditò alla morte di Feliciano.
All’ombra del marito (Vincenzo Valvassori, direttore della Scuola di pomologia e orticoltura) svolse la sua attività anche Carolina Franceschinis Valvassori, legata alla fondazione (nel 1907) e alla direzione (per 20 anni) dell’Istituto agrario femminile e di economia domestica di Firenze. Oltre che alla stesura dell’Enciclopedia domestica. All’Accademia dei Georgofili, che nel 1911 la inserì tra i soci corrispondenti, rispose: «La nomina mi è di incoraggiamento a proseguire nella modesta via tracciata per l’insegnamento agrario a vantaggio della donna, e per la sua pratica educazione famigliare».
Ancora tanta strada c’era da fare per l’emancipazione femminile.
Accademia dei Georgofili. Sala delle Adunanze