Le Foibe e li suo uso politico: due punti di vista
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E ALLORA LE FOIBE?
Il libro pubblicato da Laterza di Eric Gobetti ( E allora le Foibe ?pp116, 13 EURO) nasce dall’esigenza di fermare il meccanismo che in questi anni si è messo in moto, impedire che il Giorno del Ricordo diventi una data memoriale fascista.
Togliere ai propagandisti politici il monopolio delle celebrazioni”. Ma non solo: “Chi sfrutta una tragedia di questa portata per vantaggi personali o politici non agisce certo per amore della verità e manca di rispetto prima di tutto alle vittime”. Non usa mezzi termini Eric Gobetti nella sua prefazione ad un libro che farà discutere e che intervenendo sul dramma delle foibe, ripone al centro della questione l’uso pubblico della storia per fini politici.
Il testo dello storico Gobetti, già autore di testi sulla presenza italiana in Jugoslavia durante la Seconda Guerra Mondiale, ha quindi alcuni pregi puntuali: fornisce dati e fonti fin qui accertati dalla quasi totalità degli studiosi, prova a ricostruire genesi e a contestualizzare eventi nel panorama europeo del 900, stila una robusta bibliografia ragionata che può essere utile a chi voglia approfondire. Ma il pregio di ‘E allora le foibe”, non si limita a questo: analizza e spesso separa le vicende belliche da quelle dell’Esodo giuliano non dando per scontato ogni tipo di connessione ‘ideologica’, riporta la tragedia degli istriani nel più ampio alveo dei confini orientali, dei totalitarismi e dei nazionalismi novecenteschi, e, non da ultimo, li inserisce nel contesto generale della Guerra Fredda. Farà forse rumore il capitolo intitolato ‘La nostra shoa’, che si pone l’obbiettivo di rispondere alla domanda se effettivamente nelle zone di confine ci sia stato qualcosa di paragonabile alla grande tragedia novecentesca perché se “secondo tale ricostruzione simbolica le foibe sarebbero la ‘nostra Shoa’ e chi ne sminuisce la portata viene di conseguenza accusato di ‘negazionismo’, Gobetti su questo non ha dubbi quando afferma che “fermo restando che ogni violenza gratuita è condannabile, da un punto di vista storico il paragone non ha alcun senso. Non tanto per l’ordine di grandezza, ma soprattutto per le motivazioni degli aggressori e per la tipologia delle vittime. Le uccisioni commesse sul confine orientale e nell’autunno del1943 e nella primavera del 1945 non possono essere in alcun modo considerata un tentativo di genocidio e le vittime non sono individuate in quanto appartenenti ad uno specifico popolo”.
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«Io, esule di Zara: assurdo che ci sia ancora chi nega le foibe»
LETTERA al Corriere della Sera 7 febbraio 2021
Walter Matulich, esule di Zara
«Giorno del Ricordo» alle porte. Solennità civile dal 2004 che, con grande disappunto di giustificazionisti-riduzionisti e negazionisti, si continua a celebrare. Lo storico militante Eric Gobetti («E allora le foibe?»), da ultimo, e il vegliardo scrittore triestino sloveno Boris Pahor, da un pezzo, ne auspicano la cancellazione. Solo l’antifascismo fuori di maniera, segnatamente quello promulgato da filo-jugoslavisti d’un tempo, i cui epigoni sono oggi così ben rappresentati in seno all’Anpi, ha diritto di cittadinanza, può grondare valori fondanti e godere di dignità civica e culturale in Italia. Vien da dubitare che io, esule dalmata, abbia davvero vissuto l’esperienza «democratica» del titoismo comunista; che la mia Scuola Settennale della Minoranza Italiana di Zara venne d’imperio chiusa nell’ottobre del 1953, in odio agli Italiani tour court. Davvero ho languito per anni, con altri fortunati conterranei, nei campi profughi di Marina di Carrara e di Monza, (scuderie della ex Villa Reale) saggiandone le gradevolezze? Davvero i partigiani jugoslavi commisero stragi in Dalmazia (in ispecie a Spalato, Sebenico, Zara), quelle che il defunto prof. Gino Bambara, ex ufficiale della Divisione Murge, partigiano lui stesso dopo l’8 settembre 1943, descrive nei suoi libri (Non solo armistizio, ed. 2003; Jugoslavia settebandiere, ed. 1988)?
Per l’ultracentenario Boris Pahor, le foibe semplicemente non esistono. Lui può invocare Lari e Penati senza tema di essere frainteso; io, figlio della dispersa nazione giuliano-dalmata, se mi picco di emularlo, vengo accusato di irredentismo, cosa dico, del più bieco nazionalismo.