Caro direttore, ieri nuova strage sul lavoro non lontana da qui: sul lago di Suviana, Appennino Tosco-Emiliano, nel corso della manutenzione dell’impianto idroelettrico di Enel Green Power, in una struttura che scende fino a 60 metri sotto il livello dell’acqua c’è stata una esplosione. Tre operai morti e quattro dispersi, 5 sopravvissuti con terribili ustioni. Tra i morti, tutti dipendenti, al solito, da ditte esterne in appalto o subappalto, un capocantiere di 73 anni, residente a Taranto, ex dipendente Enel, un operaio rumeno residente a Settimo Torinese e un giovane operaio residente a Messina. Al momento non si sa niente dei dispersi e della loro provenienza. Ogni volta la stessa cosa, muoiono persone -oggi qui-domani là’ – impegnate sul lavoro in manutenzioni o montaggi per una settimana sottoterra in mezzo dell’appennino, l’altra settimana in un gigantesco cantiere di edilizia commerciale nella zona ovest di Firenze, dopo tre giorni a Bari oppure in Veneto… Fianco a fianco con altri colleghi ingaggiati da altre ditte sub o anche ‘sub-sub’ appaltatrici, venuti da lontano. Dal 16 febbraio, dopo la strage nel cantiere di via Mariti a Firenze, in un’area geografica compresa in meno di duecento chilometri di raggio, attorno a Firenze, ci sono stati non meno di una quindicina di morti sul lavoro, alcuni dei quali li ritroviamo solo sulle cronache interne: il camionista, il pensionato intento alla potatura per una grossa azienda agricola, l’operaio edile, l’infermiera morta in un incidente in motorino mentre torna da lavorare. In Italia oggi abbiamo molti più incidenti sul lavoro adesso che alla fine degli anni’70. Questo accade nonostante gli enormi progressi tecnologici, di tecniche e materiali, che evitano molte pericolose fasi di lavoro di una volta (per esempio, oggi, le videoispezioni con telecamera, permettono di evitare di mandare persone in depositi potenzialmente inquinati, analogamente video e accertamenti fatti con i droni, e via dicendo…) Purtroppo però oggi in Italia, anche sul lavoro, c’è meno ricerca di legalità e giustizia e quindi c’è meno democrazia. Ed è questo quello che fa morire la gente.
Potrei dimostrare queste mie affermazioni sul paradossale aumento di incidenti sul lavoro degli ultimi 30 anni con dati numerici, anche se, purtroppo, dal 1991 in Italia, per motivi economici, non vengono più effettuati censimenti né raccolte dati integrali ma soltanto si elaborano dati prelevati a campione. Inoltre, data la scarsità di controlli, e lo ‘schiavismo’ di manodopera clandestina, anche nella nostra regione, molti infortuni anche seri non arrivano ai Pronti Soccorsi, e non sono censiti.
Di fatto abbiamo visto, poco alla volta, la sicurezza sul lavoro sempre più considerata un costo extra: il tempo di lavoro è un costo, e occorrono più tempo e soldi per mettere le cose in sicurezza. Tempo considerato in più, tempo inutile. Ma che avrebbe potuto salvare una vita.
La fretta: sette minuti assegnati in media ad un ragazzo in bicicletta per una consegna di pizza a domicilio, con qualsiasi tempo; l’operaia tessile stritolata da una macchina perché, per accelerare i tempi, qualcun altro ha pensato di togliere un cancellino di sicurezza; la mancanza di coordinamento tra più squadre di lavoro, dipendenti da diverse, costrette a lavorare in contemporanea in uno spazio pericolosamente ristretto, anziché avvicendarsi; Il lavoro che, ogni volta, ‘doveva già essere pronto per ieri l’altro’. La fretta uccide. Non è per questi esiti che altre generazioni hanno creduto e lottato per la Democrazia.
Livio Ghelli
La centrale Enel di Suviana