Questa data, per quasi un secolo nel tempio delle Itale Glorie, è stata momento di celebrazione del ricordo dei primi caduti per l’Indipendenza italiana. Nel sacrario dei fiorentini morti per la Patria, nella ricorrenza di questo evento, un momento commemorativo del capitolo risorgimentale che consacrò definitivamente Santa Croce come simbolo e memoria della storia nazionale.
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1861. Pietro Senno I toscani a Curtatone e Montanara
LE RAGIONI DELLA CELEBRAZIONE DI CURTATONE E MONTANARA
Alessandra Campagnano Comitato Fiorentino per il Risorgimento
Ormai da nove anni il 29 maggio, anniversario della battaglia di Curtatone e Montanara, per il Comitato Fiorentino per il Risorgimento è l’occasione per riflettere su personaggi e situazioni del Risorgimento, grazie anche alla collaborazione con l’Opera di S. Croce. Fino alla I guerra mondiale questa data a Firenze era considerata la festa del Risorgimento con la partecipazione delle autorità, della cittadinanza e soprattutto degli alunni delle scuole cittadine, poi la celebrazione della vittoria del 1918 assorbì il ricordo di Curtatone e Montanara. Il primo evento fu la riscoperta delle epigrafi con i nomi dei caduti nella battaglia di Curtatone, conservate in S. Croce, fra i quali troviamo nomi di illustri rappresentanti della vita politica, sociale e culturale della Toscana granducale e nomi di semplici volontari, tra i quali si ricordano gli studenti delle università di Pisa e di Siena e semplici cittadini. Quest’anno non sarà possibile tenere un convegno con eventuale intermezzo musicale nel Cenacolo o nella Cappella dei Pazzi come è accaduto da nove anni, ma il Comitato vuole ugualmente onorare la ricorrenza sfruttando le opportunità offerte dai nuovi mezzi di comunicazione. Gli eventi organizzati negli anni passati hanno permesso di ricordare i rapporti tra il movimento risorgimentale italiano e analoghi movimenti europei come quello polacco, soffermandosi su figure che dopo l’Unità hanno lasciato un segno nella vita politica, culturale e sociale del nuovo stato. Lo scopo è sempre stato quello di dare visibilità ai valori che permisero di costituire uno stato a entità separate da secoli, non nell’ottica della nostalgia temporis acti, ma nella convinzione che ancora oggi possono costituire il fondamento di una società civile coesa. Per questo 29 maggio si è pensato di dedicare un momento di riflessione alla figura di Ubaldino Peruzzi, gonfaloniere di Firenze nel 1849 e poi sindaco al momento della breccia di Porta Pia, e nonostante le difficoltà del momento sarà possibile continuare il discorso avviato nove anni fa.
29 maggio 2012. Le due lapidi in memoria dei Caduti fiorentini
nella cripta del sacrario di Santa Croce
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UBALDINO PERUZZI E LA MEMORIA DI CURTATONE
Fabio Bertini Storico Università di Firenze
Più elementi collegano l’idea di Curtatone e Montanara a Ubaldino Peruzzi. Il primo è il contributo dato, insieme, all’ambiente più aperto dei moderati toscani ed al riformismo in genere, nel determinare il clima politico che, nel 1847, mobilitò il popolo intorno all’idea del cambiamento. Specialmente dall’estate di quell’anno, si sviluppò l’azione per le riforme e per la guerra all’Austria, due concetti che si affermarono parallelamente e congiuntamente. Da una parte la mobilitazione costrinse il granduca a concedere via via importanti provvedimenti, tra cui specialmente importanti quelli sulla libertà di stampa e sulle guardie civiche, via via ampliandosi fino alla concessione dello Statuto il 15 febbraio 1848, nonostante le forti riserve tenute fino all’ultimo dalla destra dei moderati, oltre che da Leopoldo II. Dall’altra parte, la mobilitazione per la guerra fu elemento crescente che, in Toscana, si arricchì di un complesso insieme, tra la volontà di contribuire alla liberazione dei territori della Lunigiana che in parte era anche desiderio lorenese di conquista, e l’idea stessa di guerra all’Austria. Intorno a questo pensiero si andò via via formando la mentalità guerriera che trasformò le guardie civiche, che Peruzzi aveva contribuito a organizzare a Firenze, in battaglioni di volontari. Tutto questo aveva come sfondo, l’affermazione di un’idea politica neoguelfa intorno a cui riformisti del calibro di Giuseppe Montanelli, un solido gruppo di giovani lucchesi e la parte avanzata dei moderati toscani, di cui Peruzzi era esponente, furono molto sensibili e che aveva in Pio IX il riferimento fondamentale. Era una forte alternativa al movimento democratico in tutte le sue sfumature, da quella ispirata alla modernità mazziniana a quella più populista che aveva in Guerrazzi il principale riferimento e in Livorno la centrale fondamentale. Lo era così tanto da appoggiare la politica repressiva condotta tra la fine del 1847 e i primi del 1848 dal ministro degli interni, Cosimo Ridolfi, con azioni militari vere e proprie e arresti nella città labronica e anche nella stessa Firenze e in altri centri del Granducato. Regnava infatti, in quegli ambienti illuminati, la paura che i movimenti popolari mettessero a rischio il processo riformatore. Cavalcare i ceti popolari ai fini delle riforme aveva avuto tra le altre conseguenze la crescita di una partecipazione di quei soggetti specialmente nelle città, un movimento che tendeva anche a forti rivendicazioni sociali e corporative e ciò rappresentava per molti dei moderati ragione di preoccupazione. Tuttavia, la partecipazione alla guerra e il volontariato finirono per incanalare molte delle energie suscitate da quei movimenti e il volontariato civico costituì un forte fattore di amalgama nel segno del tricolore cui volle farsi vedere sensibile il granduca stesso, accettando l’unione tra quel simbolo e gli stemmi lorenesi.
Curtatone rappresentò il grande momento della fusione tra le diverse anime, attraverso il sacrificio dei 166 morti, dei tanti feriti e dell’oltre un migliaio di prigionieri. Fu particolare merito di Ubaldino Peruzzi curare personalmente quest’aspetto che angosciava famiglie e comunità, conducendo le trattative per la liberazione dei volontari detenuti nelle fortezze asburgiche, recandosi perfino a Innsbruck a riceverne un buon numero per riportarli a casa. Di ciò fu reso merito a Ubaldino Peruzzi perennemente, fino a rappresentarne l’opera in un pannello del monumento che gli fu eretto nella piazza dell’Indipendenza.
Peruzzi fu così il maggiore anello di congiunzione tra la classe dirigente toscana e gli ideali che si erano affermati a Curtatone, trionfalmente nonostante la sconfitta di quel glorioso 29 maggio. Lo fu anche tenendone vivi i simboli e promuovendo l’apposizione in Santa Croce delle lapidi con i nomi dei caduti, nel dicembre del 1849. Molte cose erano intervenute a quel momento, la sconfitta di Carlo Alberto sancita dall’armistizio Salasco, il declino del neoguelfismo legato a Pio IX archiviato dalla allocuzione del 29 aprile con cui il pontefice aveva abbandonato la causa italiana, la riscossa dei democratici. Il mutamento di posizione di Montanelli, passato da avversario dei democratici a loro esponente e fautore della Costituente italiana, la scelta di Leopoldo II di puntare su di lui per contenere il veemente movimento popolare che continuava ad avere riferimento in Livorno e in Guerrazzi, erano le premesse alla formazione del governo democratico. Se la prima reazione di Bettino Ricasoli davanti a quella opzione erano state le dimissioni da gonfaloniere, l’accettazione della carica da parte di Peruzzi teneva aperta una possibilità che, nel nome di Curtatone e Montanara, pareva possibile. Da molte parti si erano già murate lapidi in memoria dei caduti e la collocazione di quelle di Santa Croce, già considerata pantheon delle glorie nazionali, rappresentava un momento davvero alto e di grande significato. Poi le vicende che seguirono marcarono sempre più la distanza tra i democratici e i moderati che, anzi, nell’opposizione al loro governo trovarono rinnovata compattezza, non solo tra loro, ma anche con un largo fronte che comprendeva una parte dei riformisti di un tempo e i reazionari. In quel fronte confluì anche Peruzzi che, pur ammalato in quel periodo, contribuì con gli altri alla strategia culminata nel colpo di stato contro Guerrazzi del 12 aprile 1849. Fuggito il granduca, sconfitto definitivamente Carlo Alberto, a fronte del vento repubblicano che gonfiava forte da Roma e che animava anche Livorno, la scelta dell’insieme cui faceva capo Peruzzi fu quella di mobilitare le masse contadine e una parte dei ceti urbani e condurre l’azione che defenestrava Guerrazzi ed eliminava l’apparato militare che aveva messo insieme, stante l’opera di De Laugier che, d’intesa con Leopoldo II, sottraeva alla difesa dei confini toscani gran parte dell’esercito regolare. Quella strategia, volta alla restaurazione di un regime monarchico costituzionale fallì clamorosamente per l’intenzione del granduca e del suo entourage più conservatore di appoggiare la restaurazione sulle baionette austriache e di smantellare via via le istituzioni costituzionali e lo Statuto stesso. Peruzzi fu tra i primi a rendersi conto dell’errore compiuto. Le lapidi di Curtatone continuavano ad essere la cartina di tornasole dei propositi di ciascuno. Se, nel 1850, il governo aveva pensato di fare, intorno ad esse, una celebrazione congiunta con gli austriaci in forma di pacificazione, fallì miseramente rinfocolando anzi, in tal modo, i sentimenti patriottici. Quando l’anno dopo pensò di proibire le celebrazioni e velare le lapidi, ebbe in risposta una protesta che si produsse proprio con la scoperta per mano popolare delle lapidi e una manifestazione repressa con violenza e con arresti, oltre all’ordine di confino per uno dei moderati più impegnati in senso patriottico, Ferdinando Bartolommei.
Cesare Fantacchiotti Ferdinando Bartolommei 1893 Palazzo Vecchio
A quel punto Peruzzi aveva già assunto posizioni politiche forti e coraggiose. Alle disposizioni del 21 settembre 1850 che scioglievano il Consiglio generale dei deputati, sospendevano lo Statuto e riducevano la libertà di stampa, aveva risposto con un indirizzo di protesta come altri gonfalonieri toscani e ne ebbe in risposta la destituzione dalla carica. Avversato nel suo stesso ambiente e autorevolmente attaccato da Massimo d’Azeglio, Peruzzi assumeva un ruolo politico importante per il costituzionalismo autentico. E fu tra coloro che più si impegnarono per l’unica via capace di riportare in Toscana un regime liberale, l’alleanza con il liberalismo sabaudo. Fu così anche tra i protagonisti dell’iniziativa che condusse al 27 aprile 1859, quando con Bartolommei poté condurre l’alleanza tra quel gruppo e i democratici di Giuseppe Dolfi, disposti al grande sacrificio degli ideali repubblicani in nome dell’Unità e dell’indipendenza nazionale. Posto a capo del governo provvisorio toscano dopo la rivoluzione, suo primo pensiero, con Vincenzo Malenchini, eroico combattente a Curtatone, fu restituire le lapidi, fatte asportare dal cessato regime, al loro posto in Santa Croce e decretare la celebrazione permanente di Curtatone e Montanara che usciva dalla clandestinità cui era stata costretta invano per tanti anni. Non si chiudeva lì un’attività politica che avrebbe comportato ancora grandi impegni ministeriali e municipali, talvolta con grande sacrificio personale, ma sempre a viso aperto e sempre restando il personaggio fiorentino che più aveva custodito lo spirito del 29 maggio 1848.
27 aprile 1898. Inaugurazione del monumento ad Ubaldino Peruzzi
in Piazza Indipendenza. Opera dello scultore Raffaello Romanelli