Lettere a Sergio Romano Corriere della Sera 24 dicembre
Il nome dell’attuale presidente del Consiglio italiano mi ha richiamato alla memoria il suo antenato Vincenzo Ottorino che è ricordato per il patto che strinse con Giolitti, in base al quale i cattolici, che si erano estraniati dalla politica in seguito al «Non expedit» di Pio IX, ripresero ad interessarsene partecipando anche in prima persona. Ho letto che fu sua l’iniziativa. Non temeva che Pio X lo sconfessasse? Giolitti accettò di buon grado la contropartita che doveva accordare ai cattolici? Antonio Fadda
Caro Fadda, Il «Patto Gentiloni» fu l’accordo che circa duecento deputati liberali, alla vigilia delle elezioni del 1913, strinsero con il conte Vincenzo Ottorino Gentiloni, presidente dell’Unione elettorale cattolica. Come ogni patto, anche questo prevedeva obblighi reciproci. I deputati avrebbero potuto contare sul voto degli elettori cattolici, ma si sarebbero impegnati a sostenere il diritto delle famiglie alla istruzione religiosa dei figli, a garantire che le attività economico-sociali del mondo cattolico godessero dello stesso trattamento riservato dallo Stato a quelle dei laici e, in particolare, a schierarsi contro ogni tentativo di introdurre in Italia l’istituto del divorzio. Alle origini di questo primo «compromesso storico» vi era un fatto nuovo che avrebbe modificato i caratteri della società italiana. Nel 1912 il presidente del Consiglio, Giovanni Giolitti, aveva fatto approvare dalla Camera una nuova legge che avrebbe considerevolmente esteso il diritto di voto. Da 3.319.307 gli elettori sarebbero diventati 8.672.249. Come avrebbero votato i più di cinque milioni che non erano mai andati alle urne? Negli ambienti moderati e conservatori era molto diffuso il timore che la nuova legge avrebbe giovato soprattutto ai socialisti: una forza politica che in quegli anni stava aumentando la propria presenza nella società nazionale. La preoccupazione era condivisa anche dalla Santa Sede. Non vi sarebbe stato un Patto Gentiloni se qualche anno prima Pio X non avesse ammorbidito il «Non expedit» con cui Pio IX aveva ordinato ai fedeli di non partecipare alla vita politica italiana. Interpellato sul voto dei cattolici da una persona vicina alla curia, il Papa aveva detto: «Fate, fate quello che vi detta la vostra coscienza ». In questa vicenda, caro Fadda, vi sono almeno due interessanti esempi di ambiguità e pragmatismo italiani. Il primo concerne Giolitti che non sconfessò mai l’intesa dei suoi deputati con Gentiloni, ma non volle mai assumerne la paternità. Il secondo concerne una delle clausole contenute nell’accordo. Per raggiungere il loro obiettivo, i deputati non esitarono a promettere che avrebbero combattuto la massoneria: un impegno piuttosto paradossale per un gruppo di parlamentari che erano in buona parte massoni. Sergio Romano