Palazzo dello Strozzino Piazza Strozzi Firenze
Il palazzo dello Strozzino si è determinato nel corso del tempo a partire dal nucleo più antico e storicamente rilevante riconducibile all’opera di Michelozzo di Bartolomeo e di Giuliano da Maiano. Il perimetro di questo antico edificio fu stravolto con il piano di risanamento dell’antico centro approvato nel 1888: poco dopo si procedette all’abbattimento di una fetta dell’immobile per l’allargamento di via degli Anselmi e di una porzione sul retro per la creazione ex novo di un nuovo tratto di via de’ Sassetti. Si procedette quindi all’abbattimento dei volumi prospettanti sul chiasso di piazza Marmora e verso Porta Rossa in modo da realizzare l’attuale piazza de’ Davanzati.
Attorno al 1914 venne messo a punto dall’architetto Adolfo Coppedè un progetto di radicale ridistribuzione degli spazi interni e di trasformazione del palazzo in teatro, e forse avviati i lavori, subito comunque interrotti a causa della prima guerra mondiale. Negli anni venti del Novecento, acquistato dal Sindacato Immobiliare Toscano (1919) e in sintonia con quanto già avviato, il palazzo fu riadattato a teatro dall’architetto Marcello Piacentini con la collaborazione dell’architetto Ghino Venturi (cinema teatro Savoia, poi Odeon). L’intervento, attuato tra il 1920 e il 1922, portò alle realizzazione delle ulteriori facciate (fatto ovviamente salvo il fronte su piazza Strozzi) in stile quattrocentesco e alla realizzazione della sala di proiezione in luogo dell’antico cortile, del quale furono riutilizzate le antiche colonne.
Per quanto riguarda il fronte su via degli Anselmi che qui interessa, questo si caratterizza per una la voluta aderenza al disegno del fronte antico, pur non disdegnando inserti decorativi di pretto gusto Déco. Al terreno si succedono sei ampi archi, dei quali tre coronati da tettoie in ferro e vetro che seguono l’andamento curvo delle cornici in stile in bugne di pietra e sul quale è la scritta Cinema Teatro Odeon. In alto corona la fabbrica un loggiato a colonnine tamponato e quindi un’ampia gronda alla fiorentina.
All’interno del cinema è segnalare la cura dei dettagli (frutto del lavoro di artisti e artigiani tra i più significativi del periodo, tra i quali citiamo Umberto Bartoli e Antonio Maraini per le sculture lignee, Giuseppe Gronchi per le figurazioni in stucco e Ezio Zalaffi per i ferri battuti) e, nella sala, il velario cupoliforme centrale a vetri colorati opalescenti, illuminato artificialmente, opera di Francesco Mossmeyer, notevole anche per la soluzione tecnica che ne permette l’apertura tramite un congegno elettrico.
Sull’angolo tra via degli Anselmi e via de’ Sassetti è una notevole lanterna sormontata dal giglio di Firenze e sorretta da sei figure di efebi nudi in gesso dipinto a imitazione del bronzo, opera datata al 1929 dello scultore Bernardo Morescalchi (restaurata nel 1991 da Gioia Germani). Su piazza Davanzati (sempre frutto dell’aggiunta di Piacentini al primitivo impianto), è una fontana in forma di antica vasca nella risecatura
Fonte
REPERTORIO DELLE ARCHITETTURE CIVILI DI FIRENZE
Scheda a cura di Claudio Paolini