Ancona, 1994. Era un pomeriggio di luglio, faceva un caldo terribile, mi trovavo ad Ancona, città che non conoscevo, e camminavo alla ricerca di un certo ufficio o agenzia. Chiesi informazioni. Mi dissero di andare avanti per mezzo chilometro, poi sulla destra avrei incontrato la divisione polacca, dovevo oltrepassarla, poi…
Immaginai che la Divisione Polacca fosse una sorta di targa commemorativa o un monumento.
Invece era un cimitero.
Incuriosito entrai. Mi parve molto grande. Non si vedeva nessuno. La maggior parte delle tombe, tutte uguali, avevano la Croce, ma ce n’erano con la Stella di David e qualcuna con la Mezzaluna. La data della morte era la stessa, luglio 1944, proprio cinquant’anni prima.
Seppi poi che il 18 luglio 1944 la città di Ancona era stata liberata, dopo sanguinosi combattimenti contro i Tedeschi, dalle truppe polacche del generale Anders.
Nei dintorni di Firenze, dove sono nato, avevo conosciuto altri cimiteri di soldati alleati: il vasto Cimitero di Guerra Americano dove riposano 4.400 caduti, che si trova dopo Tavarnuzze sulla strada per San Casciano, e il Cimitero di Guerra Inglese, all’Anchetta, sulla strada per Pontassieve: percepíti col tempo più che altro come punti di riferimento lungo una strada, buoni per dare un’indicazione a chi te la chiede, per esempio: “Scusi, sa dov’è la trattoria Tal dei Tali?” “Come no, lei va avanti, passa il cimitero militare, prosegue per un trecento metri e poi la trova, sul lato sinistro della strada. Si mangia bene e si spende il giusto!”
Dimenticare è nell’ordine delle cose, ma non è un bene: nei settant’anni trascorsi dalla Seconda Guerra Mondiale le ceneri di nuovi morti, caduti a milioni in Africa, Asia, America Latina, Europa lottando per libertà e giustizia o, semplicemente, credendo nel diritto di tutti di vivere insieme in pace e armonia, si sono aggiunte alle ceneri dei morti di allora, rimuovendone in parte la memoria.
Proprio per questo è importante ricordare che, tra i quasi centomila caduti di altre patrie, che erano venuti in Italia per combattere il Nazifascismo[1], vi furono molti volontari che ritenevano di non poter restare fuori, pur avendone l’opportunità, ed altri che accettarono missioni particolarmente pericolose, paracadutati oltre le linee tedesche, con funzioni di collegamento con i partigiani italiani o combattendo in formazioni partigiane[2].
Vicino a Pistoia, dove ho abitato per diversi anni, c’è il Cimitero Brasiliano, con un monumento dedicato ai caduti della FEB – Força Expedicionária Brasileira, 23.334 soldati mandati in Italia, ne morirono circa 2.500, quasi 500 uccisi in azione, gli altri successivamente, per le ferite riportate.
Ho avuto occasione di vedere una collezione di figurine per ragazzi –tipo le nostre figurine Panini- pubblicata in Brasile subito dopo la guerra, per raccontare ai più giovani, con immagini e piccole didascalie, la storia della Força Expedicionária Brasileira: la historia da FEB na Itália è raffigurata un po’ stile fumetto, dall’inaugurazione del Corpo di Spedizione, il cui distintivo era un serpente dall’aria ironica che fuma la pipa (O cobra fumando o cachimbo)[3], alla traversata dell’Oceano, all’arrivo dei soldati a Napoli, con la loro missione di lutar contra os Alemães na Itália, ai combattimenti, alle perdite, alle vittorie, infine l’immagine del Cimitero Brasiliano in Italia, col profilo verde di una collina sullo sfondo, e questa dedica:
Na localidade de Pistoia, na Itália, descançam alcuns herois da Força Expedicionária Brasileira que lutaram e morreram para que a Liberdade –maior bem do homem- podesse continuare entre os povos de boa vontade[4].
Trovo che questa semplice dedica, stampata sul retro della figurina, dica tutto.
[1] Solo nella battaglia di Cassino morirono oltre 14.000 soldati alleati (1.052 Polacchi, 4.345 Francesi, 6.320 del Commonwealth, circa 3.000 Americani). I Tedeschi caduti a Cassino furono circa 15.000. Se consideriamo anche i dispersi e i feriti –almeno tre feriti per ogni caduto- il numero complessivo delle perdite per Cassino, da ambo le parti, supera le 120 mila unità.
[2] Un episodio tra i numerosi qui in provincia di Firenze: il 19 giugno 1944 nella Battaglia di Pian d’Albero, nel territorio di Figline Valdarno, muore il tenente di aviazione russo Kirikonzia Supien mentre, alla testa di un gruppo di ex prigionieri sovietici unitisi ai partigiani, cerca di portar soccorso ai partigiani della 22ª Brigata Senigaglia Garibaldi, circondati dai nazisti.
[3] O cobra fumou [il cobra ha fumato] si disse al momento dell’entrata in guerra del Brasile, ricordando ironicamente le parole del presidente Vargas di qualche tempo prima: il Brasile non ci sarà in questa guerra… Sarà più facile trovare un serpente che fuma la pipa!
[4] Nella località di Pistoia, in Italia, riposano alcuni eroi del Corpo di Spedizione Brasiliano che lottarono e morirono perché la Libertà –maggior bene dell’uomo- potesse continuare a vivere tra i popoli di buona volontà.