Riletture Torna il libro di Adolfo Omodeo dedicato allo statista piemontese. Un confronto stimolante con Mazzini
L’ideale «anglo-svizzero» di Cavour: applicare la libertà in tutti i diversi campi: dell’ economia, della politica, della religione
In occasione dei 150 anni dell’ Unità d’ Italia, Giorgio Napolitano ha definito Cavour «figura straordinaria di uomo di governo e di statista, di tessitore e guida di un processo storico di rilievo nazionale ed europeo». Per confermare questo giudizio basta leggere il volume di Adolfo Omodeo L’ opera politica del conte di Cavour, apparso nel 1940 e ora riproposto da Mursia (pagine 467,euro23).
Omodeo morì nel 1946, e Leo Valiani – tracciandone un ritratto a distanza di un decennio – l’ ha definito «uno dei maggiori storici dell’ Italia contemporanea». Adesso anche Giuseppe Galasso, nella prefazione a questa ristampa, sottolinea «la caratterizzazione liberale dell’ azione di Cavour»: la visione storiografica di Omodeo «scompagina» la tradizionale immagine oleografica che ha preteso di tenere assieme i quattro big del nostro Risorgimento – Vittorio Emanuele II, Cavour, Garibaldi e Mazzini – quasi avessero un identico obiettivo da raggiungere. Nel periodo qui affrontato – dal 1848 al 1857 – emerge quello che Omodeo definisce «l’ ideale inglese-svizzero del conte», diretto a «applicar la libertà in tutti i diversi campi, dell’ economia, della politica, della religione». Non solo: Cavour è sempre stato convinto che fosse «meglio contar come uno armati che come zero disarmati». Così, avvertendo i pericoli dell’ isolamento, sceglie una politica di alleanze, che troverà nella coalizione antirussa per la guerra di Crimea «la base della sua grandezza». Le difficoltà non saranno poche. Dei 15 mila soldati piemontesi mandati nel 1855 a combattere a Sebastopoli, ben duemila moriranno di colera. Eppure emerge il genio politico di Cavour, capace di ottenere che, l’ anno dopo, al congresso di Parigi, una seduta suppletiva sia dedicata alla situazione italiana. Il commento di Omodeo su Cavour, quando è nella capitale francese e avverte l’ impossibilità di «ricavarne grandi frutti», va citato: «Vedeva da vicino gli uomini che dirigevano la grande politica d’ Europa e gli veniva fatto di guardarli con un umorismo degno dell’ autore del Circolo Pickwick». Questo libro – come spiega Beppe Benvenuto nella postfazione – costituisce «una delle opere più originali per valore interpretativo» sul conte piemontese. Ma c’ è di più nell’ ultimo capitolo, dedicato a Mazzini non per sottolineare soltanto differenze e contrapposizioni. «Si tratta – spiega Omodeo – di trapassare dall’ antagonismo della politica all’ equanimità della storia», così da rendersi conto di come e perché «oltre il Mazzini e oltre il Cavour, s’ intuirà una forza provvidenziale, che dalle trame mazziniane e dalle orditure diplomatiche del conte ricava l’ arazzo del Risorgimento d’ Italia». Difficile non sottoscrivere il graffiante commento dello stesso Omodeo: «Alla morte di Cavour si sentì il passaggio dall’ uomo d’ eccezione agli uomini di tutti i giorni». Forse, si potrebbe ripetere oggi.
Colombo Arturo Corriere della Sera 24 agosto