L’Associazione Editori celebra i 150 anni. Un ruolo centrale nella nascita della nazione
Cristina Taglietti Corriere della Sera 8 Settembre 2019
Sono librai, tipografi, stampatori, editori. Ci sono nomi che ancora oggi significano molto per chi ama i libri, e che sono diventati marchi, aziende, istituzioni culturali, come Ermanno Loescher, Edoardo Sonzogno, Emilio Treves, Felice Le Monnier, Nicola Zanichelli, Giovan Pietro Vieusseux, insieme ad altri che sopravvivono soltanto nella memoria degli addetti ai lavori. È il primo elenco dei membri dell’associazione libraria italiana, fondata il 17 ottobre 1869, antenata dell’associazione italiana editori (Aie) che l’11 settembre festeggerà i suoi primi 150 anni di vita a Roma.
Negli ultimi tempi il fronte editoriale italiano è più frammentato che in passato: in seguito alle crescenti concentrazioni industriali si sono acuite le differenze tra le priorità di editori indipendenti e grandi gruppi e accanto all’AIE, presieduta da Ricardo Franco Levi, nel 2018 è nata un’altra associazione di categoria, l’ADEI (Associazione degli editori indipendenti) che ha espresso posizioni diverse, anche recentemente in occasione della nuova proposta di legge sul libro. Ma l’evento di mercoledì prossimo che riunirà i rappresentanti del mondo culturale italiano e delle istituzioni, alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, racconterà una storia che riguarda tutti, quella del libro, strettamente legata a quella dell’italia.
Come ricostruiscono Alberto Cadioli e Giuliano Vigini nella loro Storia dell’editoria in Italia. Dall’unità a oggi (Editrice Bibliografica), nonostante le difficoltà dovute alla divisione in Stati diversi, spesso dipendenti da potenze straniere e con legislazioni differenti, già nella prima metà dell’ottocento si consolidarono realtà che possono essere definite editoriali nei centri più vivaci del Paese: Milano, Firenze, Torino. Da lì, per esempio, arriva il primo presidente dell’associazione, Giuseppe Pomba (1795-1876) che all’inizio dell’ottocento, in contrada del Po ereditò dal padre una piccola bottega che aveva stampato qualche operetta devozionale e d’occasione, e iniziò a pubblicare la collana «Biblioteca Popolare, ossia raccolta di opere classiche nonché latine e greche in italiano tradotte», volumetti che potrebbero essere considerati «tascabili prima dei tascabili». Al prezzo di 50 centesimi, le opere della tradizione italiana in uscita settimanale con copertina rossa — Dante, Petrarca, Tasso, Ariosto, Metastasio per citare alcuni nomi — raggiunsero tirature significative, da diecimila copie. Pomba poi, negli anni Trenta, pubblicherà numerosi romanzi, tra cui I promessi sposi di Alessandro Manzoni e Ettore Fieramosca di Massimo D’azeglio.
I cambiamenti del nome dell’associazione nel corso degli anni illustrano bene i mutamenti strutturali dell’impresa, il passaggio dalla tipografia, dalla stamperia all’editoria come attività imprenditoriale, portatrice di un progetto culturale che potesse fare da ponte tra le richieste pubblico e l’offerta dei letterati e degli scrittori. L’associazione libraria italiana è così diventata Associazione tipografica-libraria italiana (ATLI), Associazione editoriale libraria italiana (AELI) e infine Associazione italiana editori (Aie), costituita il 29 marzo 1946 in continuità con l’AELI (sciolta nel 1929 dal regime fascista, dopo la costituzione della Federazione nazionale fascista italiana editori) e con lo stesso presidente, Antonio Vallardi.
Le vicende di librai, stampatori vecchio stile e editori pionieri che guardano al futuro si intrecciano lungo tutto l’ottocento. Certo, a lungo è difficile stabilire confini netti tra le varie attività, ma quel crogiolo di lavoro con al centro il libro ha contribuito in modo sostanziale alla nascita della nazione, facendo pressioni per una circolazione diffusa e libera nelle varie parti del Regno, diffondendo un comune patrimonio culturale che potesse diventare identitario. Quella che è la più antica associazione di categoria italiana, nel 1888 avrà il suo organo di stampa, «Il giornale della libreria» (oggi un network di canali informativi), nel 1877 organizzerà a Milano il congresso per la proprietà letteraria e artistica di Milano, nel 1896 a Parigi parteciperà alla fondazione dell’international Publishers Association (IPA), nel 1910 sarà socia fondatrice di Confindustria, nel 1922 sosterrà la prima Fiera internazionale del libro di Firenze, organizzata da Enrico Bemporad, uno dei primi eventi di promozione della lettura e di un mercato indebolito dalla crisi post-bellica.
La festa per i primi 150 anni sarà anche l’occasione per guardare oltre, anche ai prossimi 150, alle sfide che il libro dovrà ancora affrontare, ai cambiamenti a cui va incontro, senza catastrofismi perché un mondo senza libri può esistere soltanto nella più riuscita delle distopie.