Recentemente la denuncia del ministro del lavoro Poletti sul numero eccessivo di giorni di vacanze estive degli studenti italiani: …tre mesi sono troppi, non ci dovremmo scandalizzare se per un mese durante l’estate i nostri giovani fanno un’esperienza formativa nel mondo del lavoro anziché stare solo in giro per le strade…ha suscitato molti commenti per lo più negativi nel mondo della scuola. E’ stato sottolineato che intanto il numero dei giorni scolastici in Italia rispetta gli standard delle scuole dell’Unione Europea, fatto salvo la diversa distribuzione nel corso dell’anno delle vacanze in ragione soprattutto delle differenti situazioni climatiche e che poi ogni istituzione scolastica può già nel rispetto della propria autonomia programmare nel periodo estivo corsi di recupero, viaggi all’estero o eventuali stages di lavoro.
Invero queste polemiche non toccano i problemi reali di una scuola in crisi di identità, senza anima , che deresponsabilizza gli allievi, i quali, non tutti per fortuna, si aggirano persi sia a scuola che fuori ,senza riuscire a dare un senso agli studi e a se stessi, ma che hanno la pretesa però di accampare tutti i diritti possibili, dalla promozione assicurata alla fruizione ludica degli spazi scolastici.
Negli anni sessanta in Italia le vacanze scolastiche duravano di più, infatti l’anno scolastico iniziava ai primi di ottobre e finiva a metà giugno e paradossalmente il sistema scolastico era meno in crisi di oggi. Tra le ragioni il fatto che gli studenti allora praticavano più doveri che diritti.
Il dovere dello studio, pena altrimenti la bocciatura, il dovere di fare i compiti nelle lunghe vacanze estive se promossi o di prepararsi per gli esami di riparazione.
Alcuni occupavano il tempo libero, trovando autonomamente qualche lavoro
Laudator temporis acti? O ricordarsi sempre che una società entra in crisi se non esiste un corretto rapporto tra diritti e doveri così nel passato come oggi nel presente. Una comunità, anzi una nazione, ha il diritto di avere diritti. È vero e giusto, ma troppo spesso ci si scorda che ogni diritto crea un dovere. Giuseppe Mazzini, certo non esente da critiche per il suo idealismo astratto e per mancanza di realismo politico, pur tuttavia ha dato un anima al movimento patriottico nella primo periodo del Risorgimento italiano, perché appunto metteva i doveri prima dei diritti. Le lotte del nostro Risorgimento, la coscienza nazionale al di sopra dei localismi, l’indipendenza dai paesi stranieri, furono doveri dai quali nacque la nostra unità e la nostra democrazia.
Da allora i doveri esprimono pertanto il legame politico tra i cittadini italiani e favoriscono il senso di appartenenza alla propria nazione. E ce lo ricorda appunto l’Art. 52 della Costituzione italiana quando afferma che La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino.
Nello stesso articolo si afferma anche che Il servizio militare è obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge. Oggi questo dovere e cioè la leva obbligatoria viene espletato con il servizio civile, però su base volontaria. Su questo aspetto Luciano Violante nel suo libro Il dovere di avere doveri esprime delle riserve e giustamente propone di rendere invece obbligatorio il servizio civile per poter garantire ai giovani una seria formazione ai doveri di cittadinanza e questa proposta è senz’altro più convincente di quella formulata dal ministro Poletti sulle vacanze scolastiche.
A scuola infatti una rigorosa formazione si fonda in primo luogo su alcuni basilari doveri, quello dello studio, del rispetto delle regole fino a quello di servire la Patria.
Allora sì che i giovani saprebbero responsabilmente e liberamente come disporre del loro tempo libero e delle loro vacanze estive!