Corrado Cagli, Passaggio del Mar Rosso, 1934
Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah. MEIS
Via Piangipane 81 Ferrara
29/03/2024 – 06/10/202M4
Ebrei nel Novecento italiano, dal 29 marzo 2024, racconta cento anni di storia italiana, le sfide di un’epoca, le lacerazioni, la rinascita e l’evoluzione del concetto di cittadinanza.
Suddivisa in sette sezioni, la mostra, quando dopo l’Unità d’Italia e lo smantellamento dei ghetti gli ebrei diventano cittadini a tutti gli effetti. Un periodo di ottimismo, entusiasmo e fervente attività documentata dalla presenza di figure politiche come il Presidente del Consiglio Luigi Luzzatti e il Ministro della Guerra Giuseppe Ottolenghi, ma anche da una costellazione di storie di famiglie, di vita culturale, di lavoro e di imprese.
Il periodo del Ventennio fascista viene ricostruito nelle sue diverse fasi e nella sua complessità a partire dalla marcia su Roma (1922). La promulgazione delle leggi razziali nel 1938 segna una frattura drammatica, documentata con incisiva precisione. Ad essa segue il racconto del passaggio dalla persecuzione dei diritti alla persecuzione delle vite dopo l’8 settembre 1943, con le razzie e la deportazione nei campi di sterminio. Ampia attenzione è dedicata all’elaborazione del trauma del genocidio degli ebrei italiani e alla capacità di ripresa della compagine ebraica nel dopoguerra, segnato da eventi internazionali e nazionali capaci di incidere profondamente su una piccola minoranza, dall’attentato alla sinagoga di Roma del 9 ottobre 1982 alla visita del pontefice al Tempio maggiore della capitale, alle nuove relazioni con lo Stato e con la società civile.
Ebrei nel Novecento italiano è un racconto che offre prospettive diverse per evitare banalizzazioni o stereotipi: gli ebrei italiani del Novecento vengono raccontati nella loro condizione di uguaglianza e di specificità.
Il vasto repertorio fotografico, che proviene da numerosi archivi pubblici e privati, descrive i diversi mestieri e ruoli nella società; racconta posizioni politiche anche antitetiche. Le opere d’arte fanno riscoprire figure come Corinna e Olga Modigliani, Corrado Cagli e di Antonietta Raphaël Mafai, Rudolf Levy, Emanuele Luzzati, le sculture di Arrigo Minerbi, tra cui il busto dell’attrice Eleonora Duse con dedica al drammaturgo Sabatino Lopez, ebreo di origine livornese, tra i protagonisti della scena artistica milanese degli inizi del Novecento.
In esposizione anche riviste, cartoline, immagini, medaglie e oggetti evocativi alcuni provenienti dalla Collezione del MEIS altri che, a conclusione della mostra, entreranno a far parte del percorso permanente.
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Il Novecento resta monco se non c’è l’Italia ebraica
Giulio Busi Corriere della Sera 31 marzo 2024
…Non c’è quasi area del nostro Novecento che non trovi un’eco nella mostra e nel catalogo approfondito che l’accompagna. Demografia, condizione giuridica, rapporto con la Chiesa cattolica, appartenenza religiosa ed educazione, vita artistica e letteraria, fascismo e antifascismo, persecuzione e Shoah, sionismo, nascita e consolidamento dello Stato d’Israele, comunicazione ed ebraismo, musei ebraici, Giornata della Memoria, Giornata europea della cultura ebraica, istituzionalizzazione della memoria.
Seguire un simile percorso significa penetrare in due domini che s’intersecano, si sovrappongono, si fondono e talvolta si scontrano. Non è possibile fare una storia del Novecento italiano mettendo l’ebraismo tra parentesi. O meglio, una simile storia è stata fatta, e verosimilmente si farà ancora, ma è destinata a essere un racconto monco, incompleto, fuorviante.
Gli apporti individuali sono troppi per elencarli qui. Cosa sarebbe la letteratura novecentesca senza Svevo, Saba, Primo Levi o Bassani, e come dar conto della politica italiana senza Ernesto Nathan, sindaco di Roma dal 1909 al 1913, i fratelli Rosselli o Umberto Terracini? La mostra tenta anche, e in questo sta il pregio maggiore, di disegnare una mappa della dinamica di scambio che rende vitale una società, oppure la soffoca, nel caso delle discriminazioni. In una simile mappa, quasi nel centro temporale del Novecento, si stende l’area scurissima delle leggi razziste, delle deportazioni e della Shoah.
Sappiamo tutti come, sulla presa di coscienza collettiva delle colpe del passato, si sia giocata una delle scommesse più importanti degli ultimi decenni. Molto si è fatto, moltissimo si è detto, commemorato, rappresentato, anche grazie all’istituzione, nel 2000, di una Giornata della Memoria. Eppure, ora che il XXI secolo è entrato nel terzo decennio, anche la politica della memoria mostra i suoi limiti. Nel suo intervento in catalogo, Alberto Cavaglion usa parole esplicite: «Quanto sta accadendo in Italia, dopo il 7 ottobre 2023, smaschera la fragilità e diciamo pure l’inautenticità di un avvicinamento al mondo ebraico tutto proiettato sui temi della Memoria; di un uso però strumentale del passato (e dunque anche degli ebrei come personaggi della letteratura e del cinema) che poco ha aiutato a comprendere la reale portata dell’odio antiebraico e a maturare una coscienza civile. Il diffondersi in questi mesi, anche e direi soprattutto nel mondo universitario, svela le incongruenze di un avvicinamento, che, essendo stato strumentale, ci appare adesso in tutta la sua infondatezza»…
Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah. Ferrara