Grazia Gobbi Sica Comitato Fiorentino per il Risorgimento
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Il 1878 si era aperto con la morte di due figure che avevano segnato la storia dell’Italia: il re Vittorio Emanuele II iI 9 gennaio e il papa Pio IX il 7 febbraio.
Nella cronaca della città del quotidiano «La Nazione» di mercoledì 6 febbraio si legge che «un comitato di quarantatre gentiluomini inglesi residenti nella nostra città presieduto da Sir James Hudson G.C.B si adunava alcuni giorni or sono per dare un attestato della sua simpatia alla nazione italiana nella sventura che colpì il nostro paese con la morte di SM il Re Vittorio Emanuele contribuendo al monumento che sarà eretto in Firenze alla memoria dell’augusto sovrano. La sottoscrizione limitata a L. 5 italiane per persona, raggiunse ben presto la ragguardevole somma di 1545 lire italiane e nel giorno scorso un comitato eletto nel seno dei promotori e composto dal Console di S. Maestà Britannica D.E. Colnaghi, da Sir James Hudson e dai signori Archibald C. Dennistoun, C. Heath Wilson e W.V. Fowke insieme al segretario onorario, reverendo C.G. Harvey, si recava alle due pomeridiane dal sindaco, comm. Peruzzi, presentandogli la generosa offerta».
La notizia riportata ci dice dell’importanza della comunità britannica in città. Tuttavia, della solenne inaugurazione del cimitero “Agli Allori” il 28 febbraio dello stesso 1878, «La Nazione», evidentemente poco sensibile alla presenza di gruppi religiosi acattolici peraltro numerosi e partecipi della vita locale, nella cronaca cittadina non dà alcuna notizia.
Il nuovo cimitero sorgeva sull’area di un podere, “Agli Allori,” posto fra la comunità di Firenze e quella del Galluzzo lungo la via Senese. Non era stata facile la ricerca del terreno su cui realizzare il nuovo cimitero da quando quello detto “degli Inglesi” in piazza Donatello, aperto fuori le mura a’ Pinti nel 1827, si era rivelato insufficiente e impossibilitato ad ampliarsi, circondato com’era dai nuovi viali progettati da Giuseppe Poggi per adeguare Firenze al ruolo di capitale dello Stato unitario. Il Comitato evangelico italiano, dopo vari tentativi, con l’acquisto dalla famiglia Mazzei del podere di 70.000 metri quadrati aveva risolto la questione: il terreno non correva il rischio di essere inglobato nell’espansione della città. Agli Allori i morti andavano veramente in periferia, rispondendo così ai principi stabiliti dall’editto napoleonico di St. Cloud del 1804, con l’allontanamento delle sepolture dal centro della città, dalle chiese, dai chiostri.
Per la realizzazione di questa opera si riunirono in consorzio le cinque chiese evangeliche presenti a Firenze (la chiesa evangelica riformata, la chiesa cristiana libera, la chiesa episcopale inglese, la chiesa libera di Scozia e la chiesa valdese). Gli atti del Consiglio comunale di Firenze tra il 1874 e il ‘76 ci dicono degli ostacoli burocratici che l’impresa dovette superare, mentre il Comune aveva già proibito le inumazioni nel vecchio cimitero chiuso fin dal settembre 1877. Il progetto fu assegnato all’architetto Giuseppe Boccini, professionista assai attivo, membro del consiglio direttivo della Società per la difesa di Firenze antica e dell’arte pubblica, autore di numerosi edifici nella ricostruzione dell’antico centro, architetto dell’Opera del Duomo e insieme a Michele Preobragenski della chiesa russa di cui diresse i lavori fino alla morte avvenuta nel 1900.
Nella prima seduta del comitato consorziale tenuta il 22 dicembre 1877 in casa del dottor Gustavo Dalgas in via Palestro 3 viene accettata la proposta del Rev. Tottenham, rappresentante della chiesa episcopale inglese, di fare una consacrazione ufficiale del terreno sul quale sta sorgendo il cimitero. La cerimonia si effettua il 29 dicembre, secondo il rito anglicano officiato dal vescovo di Bombay che si trova a Firenze in quei giorni, con l’intervento di molti invitati, e alla presenza del Sindaco di Firenze, il commendator Ubaldino Peruzzi.
Il giorno dell’inaugurazione, il programmato corteo funebre, che avrebbe dovuto attraversare il centro, viene deviato all’ultimo momento dall’autorità di polizia municipale sui viali esterni – Filippo Strozzi, Principe Umberto, Ponte Sospeso alle Cascine e attraverso il sobborgo del Pignone. Data la lunghezza del percorso, l’itinerario è svolto in carrozza dai membri del Comitato, dai pastori e dalle famiglie dei defunti, mentre i numerosi partecipanti seguono a piedi attraversando il centro per la via più breve. La decisione dell’autorità pubblica che riduce la solennità dell’evento impedendone lo svolgersi nelle vie del centro cittadino produce «sommo dispiacere del pubblico evangelico», secondo il resoconto dell’evento riportato nel verbale della riunione del comitato nel marzo 1878.
Secondo il regolamento, «Il cimitero consorziale degli Allori è destinato alla tumulazione dei defunti evangelici di qualunque nazione o denominazione come pure di individui di altra professione religiosa quando l’amministrazione creda conveniente accettarli». L’indiscutibile apertura dimostrata nei confronti delle altre fedi sembra rafforzata dalla decisione di permettere la «sepoltura di materialisti e liberi pensatori a patto che siano sempre sepolture a pagamento e a tariffa intera così di prima come di seconda classe. Il consorzio non avendo l’onere delle sepolture gratuite che per gli indigenti evangelici». Ad ogni modo, in presenza di sepolture di liberi pensatori, viene richiesto «che non si pronuncino discorsi o si mettano sulle fosse iscrizioni contrarie al Vangelo e che non si portino nel recinto del cimitero emblemi di sorta contrari al nostro culto».
Il progetto studiato dall’architetto Boccini si basa su un impianto chiuso, recinto da un porticato, differenziato al suo interno secondo le caratteristiche del sito posto a metà collina dove la declività naturale gioca un ruolo non secondario nella scelta formale. Un primo settore in leggero declivio rispetto all’ingresso sulla via Senese presenta al centro, in asse con l’ingresso e la cappella, una rotonda circondata da un’area a verde da cui si stacca un percorso perpendicolare al primo, che si conclude in due esedre semicircolari. Un secondo settore, che si appoggia alla più forte pendenza della collina, ha come fulcro la colonna centrale, donata dal signor Archibald Dennistoun, membro onorario del Comitato consorziale e benemerito del cimitero per il «vistoso imprestito fatto in tempi difficili»; la colonna, su progetto dell’architetto Boccini, viene realizzata dallo scultore/marmista Giuseppe Bondi, già attivo al cimitero degli Inglesi. Di qui si dipartono radialmente i percorsi: tre assi che dividono le gradinate dell’anfiteatro orientandosi verso la sommità. Il loggiato che secondo il progetto seguiva i contorni del cimitero, nell’esecuzione definitiva, si limitò a concludere l’emiciclo superiore. Il problema della realizzazione del loggiato fu alquanto dibattuto; la sua riduzione al minimo, ha rafforzato agli Allori l’immagine del cimitero giardino, sottolineando l’assialità dell’impianto anziché la percorrenza ai suoi margini.
Gli Allori si configurano dunque come una piccola città-giardino dove l’impianto urbanistico è perfettamente definito nei percorsi, nelle aree di sosta, nei confini e nella lottizzazione. Accanto alle poche cappelle famigliari nella zona inferiore, la maggior parte dei monumenti ricalca il modello della stele eretta. Foggiata in forme e dimensioni diverse un posto importante è occupato dalla croce celtica. Stele e obelischi recano spesso l’imago clipeata del defunto di derivazione classica. Angeli e figure di dolenti sono presenti, insieme alle torce accese e rovesciate e alle colonne spezzate, simbolo della vita interrotta. La sacralità del luogo si combina con l’uso celebrativo e simbolico degli elementi decorativi: la fiaccola spenta, la farfalla, il seme di papavero, il vaso lacrimale, la corona di fiori caduchi, ma anche il giglio, l’edera, l’angelo. Spesso è presente la palma a simboleggiare la vittoria cristiana sulla morte. Monumento di arte, documento di vita: il cimitero agli Allori si offre anzitutto come testimonianza, a tutt’oggi quasi completamente sconosciuta, vero e proprio museo all’aperto che accoglie significativi brani della scultura e delle arti applicate del periodo otto-novecentesco. I più importanti scultori toscani vi hanno lasciato traccia: dai Fantacchiotti, padre e figlio, ai Romanelli, dai Betti al Costoli, da Antonio Bacci a Antonio Frilli, da Corrado Feroci a Gaetano Trentanove, a Donatello Gabbrielli, ad Antonio Maraini, i nomi degli scultori operanti al cimitero includono anche gli stranieri che avevano scelto di operare a Firenze e in Toscana; tra questi, Adolf von Hildebrand, Thomas Ball, Larkin Goldsmith Mead.
Oltre ad offrire una promenade artistica che si snoda fra i monumenti, il cimitero ci fornisce la testimonianza delle numerosissime presenze straniere che dall’Ottocento in poi hanno alimentato il culto della città nell’immaginario transnazionale. A Firenze molti stranieri decidevano di trascorrere la loro esistenza, attratti dal mito della città culla del Rinascimento, un mito che non era solo contemplazione del passato ma era al tempo stesso fonte di ispirazione artistica e letteraria. Passeggiando lungo i sentieri ci si imbatte nei nomi più noti e celebrati della cultura internazionale, ma anche in quelli meno noti facenti parte della colonia di stranieri che aveva scelto Firenze come dimora d’elezione.
Molti abitanti delle ville sulle colline, luoghi privilegiati dai forestieri come Henry James sottolinea in un suo celebre passo, sono sepolti qui: dai membri della famiglia Blundell Spence, a Sybil Cutting madre di Iris Origo, vissuti in tempi diversi nella villa Medici a Fiesole, dai coniugi Keppel con la figlia Violet, alla villa dell’Ombrellino a Bellosguardo, e sempre a Bellosguardo a Elizabeth Boott Duveneck vissuta alla villa Castellani, al Palmerino la scrittrice Vernon Lee, alla Gattaia il collezionista americano Charles Loeser, il pittore preraffaellita John Roddam Spencer Stanhope alla villa dello Strozzino a Bellosguardo, per non tacere di Frederick Stibbert, e degli Acton vissuti a villa La Pietra, Sir Osbert Sitwell, al castello di Montegufoni, Arnold Boecklin a Fiesole. Ma non solo gli abitanti delle ville sono sepolti agli Allori. Molti vivevano in città: fra questi lo scultore americano Goldsmith Larkin Mead, la scrittrice Ludmilla Assing, l’intellettuale Margherita Albana col marito il pittore Giorgio Mignaty, lo storico Karl Hillebrand, il collezionista Herbert Percy Horne. Tra le personalità più vicine a noi il geografo Lucio Gambi e la giornalista Oriana Fallaci la cui tomba è oggetto di culto.
Questa sorta di Spoon River fiorentino racconta innumerevoli vite illustri. Gli intellettuali – viaggiatori, o residenti – sepolti qui sono stati una componente fondamentale della vita culturale, economica e sociale di Firenze tra Ottocento e Novecento. Molti di loro hanno lasciato alla città le loro collezioni d’arte, come Loeser, Stibbert, Horne, ma anche le istituzioni cittadine di impronta internazionale, devono la loro esistenza alla loro presenza.
Firenze accoglie il Gabinetto Vieusseux, gli istituti di cultura francese, il British Institute, il Kunsthistorishes Institut, l’Istituto olandese di Storia dell’Arte, che hanno dato alla città una permanente impronta internazionale, andando ben oltre la costruzione di un legame culturale tra popoli e facendo di Firenze uno dei miti dell’umanità.
Bibliografia
- G. Gobbi Sica, In Loving Memory. Il cimitero agli Allori di Firenze, con un saggio e schede sulla comunità russa di Lucia Tonini, coord. di M.
- Bossi, “Gabinetto Scientifico Letterario G.P. Vieusseux – Studi. Vol. 26”, Firenze, Olschki, 2016
- G. Trotta, Luoghi di culto non cattolici nella Toscana dell’Ottocento, Firenze, Becocci Scala, 1997