Un toscano di 26 anni fece scudo allo scrittore americano
Michele Farina Corriere della Sera 22 gennaio
Dopo cento anni, forse qualcuno ha finalmente dato un nome al soldato italiano che la notte dell’8 luglio 1918 salvò di fatto la vita a Ernest Hemingway durante la Prima guerra mondiale. Il colpo di mortaio partito dalle linee austriache dilaniò il corpo di un giovane militare che stava di fronte a Hemingway, facendo da scudo al diciottenne della Croce Rossa americana arrivato in moto per distribuire cioccolato e sigarette ai combattenti. Ernest, gravemente ferito, fu trasportato all’ospedale di Milano dove rimase sei mesi. Guarì, raccontò le sue esperienze di guerra, diventò uno dei più grandi scrittori del Novecento.
Sull’argine del Piave, a Fossalta, c’è una stele che ricorda lo scrittore di «Addio alle armi», allora autista volontario di ambulanze, nel punto dove fu ferito. Non una parola su chi gli stava accanto, sull’involontario «salvatore» rimasto ignoto per oltre un secolo. Fedele Temperini, toscano di Montalcino: secondo il biografo James Mcgrath Morris, questo è il nome dello sconosciuto «Italian soldier» che indirettamente, come «effetto collaterale» della sua morte in guerra, ha permesso che ci arrivassero capolavori come «Il vecchio e il mare». Nessuno, scrive l’autore sul Washington Post, era mai riuscito a identificare prima d’ora il ragazzo «senza il quale il mondo non avrebbe conosciuto Hemingway e le sue opere». In un libro uscito nel 2017, “The Ambulance Drivers: Hemingway, Dos Passos, and a Friendship Made and Lost in War”, Mcgrath Morris ha raccontato l’esperienza e l’amicizia dei due giovani americani guidatori di ambulanze (e futuri scrittori) durante la Grande Guerra. In fondo al libro, ricorda il biografo, «avevo trascritto i nomi dei 18 soldati italiani che secondo i documenti ufficiali erano morti in battaglia nella notte in cui Hemingway fu ferito». Da quei diciotto nomi, «con l’aiuto dello storico Marino Perissinotto, siamo riusciti a individuare quello del giovane soldato che salvò la vita a Hemingway». Perissinotto, un appassionato di storia bellica che vive a San Donà di Piave, legge il libro di Mcgrath Morris e si mette in contatto. È lui, racconta l’americano, a condurre la ricerca: «Identificando i luoghi dove erano dislocati i reparti dei 18 soldati, la caccia si restringe a tre che sono caduti in quell’area l’8 luglio. Due appartenevano al 152° Reggimento di Fanteria della Brigata Sassari, che però si trovava a qualche distanza dal Piave. Il terzo invece era del 69° Reggimento della Brigata Ancona, che stazionava proprio sulla prima linea, a Fossalta, nella zona dove si registrarono i combattimenti più duri». È questo terzo soldato caduto «il salvatore» di Hemingway, secondo la ricostruzione di Mcgrath Morris e Perissinotto: i registri dell’esercito riportano il nome di Fedele Temperini, di Montalcino, in Toscana. Aveva 26 anni, scrive il biografo americano: «Le leggi italiane sulla privacy ci impediscono di saperne di più, ma alla fine, almeno, abbiamo il suo nome». Fedele: uno delle migliaia di ragazzi che morirono facendo muro all’avanzata austriaca sulla linea del Piave (nel corso della Prima guerra mondiale i caduto furono oltre 600 mila). Quello che, indirettamente, come «effetto benefico» della sua morte, ci ha regalato (ha reso possibili) «Per chi suona la campana» e «Di là dal fiume e tra gli alberi». La storia ricorda che il futuro premio Nobel per la Letteratura fu colpito dalle schegge in quella notte d’estate: sarà decorato con la medaglia d’argento per essersi prodigato, nonostante la ferita, nel salvataggio di altri. Nel suo libro Mcgrath Morris racconta di come il giovane Ernest fu protetto dal corpo di un soldato italiano dilaniato dal colpo di mortaio. «Adesso abbiamo trovato il suo nome, che merita di essere ricordato nelle biografie dello scrittore, e sul monumento lungo l’argine del Piave».