Sul personaggio di Ferdinando Bartolommei ecco un articolo di Adalberto Scarlino, dal numero 95-96 de “Il Governo delle idee “, mensile di politica,cultura,economia, diretto da Gianni Conti.
Ferdinando Bartolommei
I patrioti che , intorno alla metà dell’Ottocento, da tante parti d’Italia vogliono recarsi in Piemonte per andare a combattere nelle guerre dell’indipendenza, fanno tappa, in Toscana , nella casa fiorentina del marchese Ferdinando Bartolommei, nella quale vengono generosamente ospitati, protetti, riforniti dei mezzi necessari per raggiungere il regno sabaudo e lì essere arruolati tra le truppe dell’esercito regolare o tra quelle, garibaldine, dei Cacciatori delle Alpi.
Sono le “note “ delle prefetture toscane a documentare il continuo afflusso di giovani esuli verso l’unico
Stato , il regno costituzionale dei Savoia, che , dopo il quarantotto, abbia mantenuto , con lo Statuto e l’indipendenza, anche le libertà politiche e civili . Una trafila di volontari che viene assistita, incoraggiata, organizzata proprio dal Bartolommei, insieme a prestigiosi e coraggiosi collaboratori, dal Salvagnoli al Cambray Digny, in continuo contatto operativo con Filippo Gualtiero a Genova ( 1 ) . Le spese – per vitto e alloggio, equipaggiamento, imbarco per il porto genovese – vengono sostenute anche attraverso una sottoscrizione fatta in tutta la Toscana, come lo stesso Bartolommei ricorda in una lettera a Thomas Adolphus Trollope, il protestante inglese residente a Firenze, storico e romanziere, sostenitore della causa italiana ( 2 ) .
Quella stessa casa, il palazzo di via Lambertesca curato ed animato dalla presenza della moglie di Ferdinando, la marchesa Teresa Bartolommei, è stata, ed è , negli anni tra il 1849 e il 1859 ( lo storico “ decennio di preparazione” della nuova Italia unita ), luogo di riunione, e di cospirazione, di cittadini di varia provenienza e formazione culturale : storici , economisti, poeti,, giornalisti, giuristi , quali Giuseppe Giusti, Giovan Battista Niccolini, Vincenzo Salvagnoli, Leopoldo Cempini, Celestino Bianchi, Piero Puccioni, Giuseppe La Farina, Giovan Battista Giorgini, Stefano Siccoli. I quali guardano con crescente simpatia alla politica del conte di Cavour, che risulta l’unica, ormai, in grado di realizzare quell’idea di nazione ( la Nazione, sì, come si chiamerà poi il giornale fondato a Firenze nel 1859 per volontà di Ricasoli ) che è nei desideri di tutti.
Il marchese Ferdinando è tra i primi a “rompere” con i Lorena nel 1849, dopo il rientro del granduca in Toscana e la restaurazione sul trono con la protezione dell’esercito austriaco.
Lui, che era stato organizzatore, già nel 1847, della prima manifestazione popolare contro la censura e in favore di una nuova legge sulla stampa, nonché sostenitore di una petizione al granduca per ottenere la guardia civica in Toscana, adesso, dopo la guerra – la prima dell’indipendenza – finita con la sconfitta di Novara, promuove – a proprie spese ed esponendosi personalmente – prima una manifestazione di lutto per l’anniversario della morte di Carlo Alberto ( il re “ alla morte nel pallor del viso sacro e nel cuore “ era deceduto nell’esilio di Oporto il 28 luglio 1849 ) , poi la commemorazione annuale in Santa Croce dei caduti a Curtatone e Montanara. Proprio in questa ricorrenza, nel 1851, dopo una giornata di scontri tra cittadini e agenti della polizia lorenese, il Bartolommei viene condannato “al confine”, lontano dai suoi, per sei mesi. Peggio: nel maggio del 1852 viene arrestato sotto l’imputazione di conosciuto agitatore politico e di partecipazione a trame dirette a sconvolgere gli ordinamenti dello Stato ( 3 ).
La pena di reclusione per sei mesi nella fortezza di Piombino gli viene commutata in quella dell’esilio per un anno. Ed è per ciò che il nostro marchese va a vivere in Inghilterra, dove peraltro frequenta i migliori esponenti del partito liberale , gli whig Henry Temple Palmerston, John Russell , William Ewart Gladstone, tutti , da tempo, favorevoli al Risorgimento italiano.
Rientrato alla fine in patria, Bartolommei riprende le sue iniziative, con esemplare coerenza e coraggio : critica severamente la parte dei moderati che ancora nutre qualche fiducia nella dinastia lorenese ; stringe
sempre più solidi rapporti di alleanza con gli esponenti dell’ ala democratica, da Giuseppe Dolfi, a Francesco Piccini, a Enrico Montazio ( 4 ) ; impegna il suo patrimonio non solo, ancora, per l’invio dei volontari in Piemonte, ma anche per finanziare la tipografia – gloria tutta fiorentina – di Gaspero Barbera, che inizia la pubblicazione della Biblioteca civile dell’Italiano e manda alle stampe, diffondendolo in migliaia di copie, il libriccino Toscana e Austria di Celestino Bianchi, una denuncia – ultimo avviso dei liberali toscani al granduca Leopoldo e il preavviso – se così si può dire – della ormai prossima insurrezione . La quale, nei mesi e nei giorni che la preparano, avrà naturale protagonista Ferdinando Bartolommei.
E’ Cavour in persona che gli scrive, il 19 febbraio 1859 :
Carissimo,…la situazione generale la conoscete: dopo quello che si dice in tutti i giornali d’Europa, nei parlamenti, nei discorsi imperiali e reali, la cospirazione è pubblica; è la causa nostra riconosciuta da tutti.
Non si tratta dunque più che del modo di agire. Fate una petizione e chiedete l’alleanza col Piemonte nel senso dell’indipendenza nazionale …..con quelle maggiori dimostrazioni pubbliche che potete…Se nessuno si muove in questo frattempo, si dirà che non siamo nelle condizioni dichiarate all’Europa. Tocca dunque a voi….Badate però che tutto è subordinato alla certezza di un successo…nella dimostrazione…Non dico di più; adopratevi, adopratevi.
il vostro affezionatissimo Cavour ( 5 ).
Il 27 aprile , dopo giornate frenetiche, Firenze è in piazza, nella grande, storica manifestazione, di esemplare civiltà. Nessuna violenza; ma intransigenza coerente nelle richieste : libertà, indipendenza, guerra all’ Austria. Il risultato è tra i preziosi ricordi della nostra storia : il granduca lascia , dignitosamente, la città ; Firenze e la Toscana chiedono – e otterranno concretamente con il plebiscito dell’anno suc
cessivo – l’unione ( l’unione, sottolineatura significativa ; non l’annessione ) al regno sabaudo ; dopo la quale, e grazie alla quale, l’iniziale disegno di un ampliamento del regno di Sardegna diventa il progetto di unità nazionale, che si realizza con portentosa rapidità, grazie al capolavoro di tessitura politica del conte di Cavour ed all’intelligente coraggio di Garibaldi.
L’Italia è fatta . Ferdinando Bartolommei viene chiamato, per consenso unanime, alla carica di Gonfaloniere, in pratica sindaco di Firenze. Alcuni anni dopo, poco più che quarantenne, è nominato senatore del regno .
Adalberto Scarlino, gennaio 2011
( 1 ) vedi Fabio Bertini, Risorgimento e questione sociale, Le Monnier, Firenze, 2007, pag.540
( 2 ) vedi Thomas Adolphus Trollope, Tuscany in 1849 and in 1859, a cura di Gigliola Mariani Sacerdoti,
Regione Toscana, edizioni dell’assemblea, Firenze, 2009, Appendice, pag.309 – 310
( 3 ) vedi A.Lombardi, Ferdinando Bartolommei , note e ricordi, con prefazione del senatore Piero Puccioni,
Stabilimento Giuseppe Civelli, Firenze, 1889, pag. 60 e seguenti.
( 4 ) vedi A. Lombardi, op. cit. , pag. 43 – 44
( 5 ) la lettera è in Gabriele Paolini, Il tramonto di una dinastia, La toscana e il 27 aprile 1859, con prefazione di Sandro Rogari, Fondazione Spadolini – Nuova Antologia, Le Monnier, Firenze, 2010