14 novembre 2014 / 15 febbraio 2015
Orario: martedì-domenica 10-19, chiuso lunedì
In occasione dei cento anni dalla nascita dei poeti Mario Luzi, Piero Bigongiari e Alessandro Parronchi, la Fondazione Parchi Monumentali Bardini e Peyron e il Gabinetto Vieusseux presentano la mostra “Volti dell’Ermetismo. Venturino a Villa Bardini e all’Archivio Bonsanti”.
Attraverso l’esposizione di ottanta opere di Venturino Venturi e in particolare dei ritratti dei protagonisti della grande stagione poetica dell’Ermetismo, la mostra darà conto della singolare osmosi che si venne a creare tra poesia e arte visiva nella Firenze del secondo ‘900. Curata da Lucia Fiaschi, la mostra ha la sede principale a Villa Bardini, dove saranno esposti i ritratti e, per la prima volta, trenta oli su carta della serie degli astratti degli anni Sessanta. Completa l’esposizione un prezioso pendant all’Archivio Bonsanti del Gabinetto Vieusseux con una selezione sempre di ritratti, tracciati a china con formidabile essenzialità, astratti degli anni Quaranta e Cinquanta, album, monotipi e matrici.
Tutte le opere in mostra testimoniano la centralità della figura di Venturino nella rete culturale degli scrittori e dei poeti attivi a Firenze nella stagione ermetica.
Venturino (1918 – 2002) si accosta al ritratto nel 1938, quando, ancora studente d’arte a Firenze, realizza la sua prima prova con il Ritratto di Ottone Rosai. Seguirà questa strada per tutta la vita, anche se pochissimi ritratti saranno consegnati ai modelli: quasi tutti rimarranno nello studio a testimonianza di legami inscindibili, oltre ogni considerazione estetica, psicologica e di opportunità. Per prima verrà la stagione dei ritratti intimi dei familiari e degli amici, poi a partire dal 1953, in contemporanea con l’impresa di Collodi, sarà la volta delle effigi di coloro che gli furono sodali sul piano delle consonanze intellettuali: Mario Luzi, Alessandro Parronchi, Giovanni Michelucci, Vittoria Guerrini (alias Cristina Campo), Mario Bergomi e Vito Taverna.
Nel 1953, Venturino vince, in ex-aequo con lo scultore Emilio Greco, il concorso per un Monumento a Pinocchio a Collodi. Il progetto originale rimarrà incompleto. La stampa e autorevoli voci scenderanno in campo per convincere la giuria a far terminare l’opera, tra queste quella di Alessandro Parronchi. La volontà ferrea e l’impegno disperato condurrano Venturino a portare a termine la parte dell’opera dei mosaici, ma subito dopo cederà alla fatica e alla delusione e sarà ricoverato a San Salvi. Il 1960 segna il ritorno di Venturino sulla scena dell’arte, festeggiato con due importanti mostre: una alla Strozzina a Firenze e l’altra all’Università di Pisa, quest’ultima a cura di Ragghianti. A partire dal quel momento e fino alla fine degli anni Sessanta, Venturino darà vita alla terza sequenza dei ritratti, quelli di Romano Bilenchi, Piero Bigongiari, Leone Traverso, Vasco Pratolini e Giuseppe Ungaretti. Diversi per materia, cemento, macigno, marmo verde di Prato, marmo bianco di Carrara, pietra savonniére del Lussemburgo, legno, ma tutti egualmente assoluti, liberi ciascuno dalla soggezione al modello, concepiti con slancio e impeto eccezionali.