In un momento difficile per le istituzioni della repubblica e in una situazione di grave crisi economica e sociale a causa dell’incapacità dei partiti a trovare soluzioni credibili per la formazione di un governo per il nostro Paese ed a fare una scelta condivisa per l’elezione del presidente della repubblica, Giorgio Napolitano si è assunto la responsabilità, contravvenendo alle sue convinzioni e alla norma non scritta di un solo mandato, di farsi eleggere per la seconda volta al Quirinale.
Il Presidente della Repubblica è il Capo dello Stato, rappresenta l’Unità nazionale, promulga le leggi, ha il comando delle Forze armate, presiede il Consiglio superiore della magistratura, quindi è il garante del funzionamento delle istituzioni e del buon nome e della credibilità dell’Italia sia tra i nostri cittadini che nel mondo.
Rappresentando l’Unità nazionale il Presidente di fatto è il custode della memoria storica del nostro Paese e questo spiega perché per Napolitano è stata fondamentale, sul solco della battaglia sostenuta dal predecessore Carlo Azeglio Ciampi, la restituzione piena dei significati connessi alla parola «Patria», sottratta alla manipolazione retorica del fanatismo nazionalista di destra e ai rifiuti ideologici di sinistra. È stata incisiva la sua presenza, soprattutto nell’ambito delle celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia, quando sono stati sottolineati i valori che hanno portato al processo unitario e alla nascita dello Stato italiano. In questo suo ruolo pedagogico talora è andato oltre alle sue mere funzioni notarili e lo ha fatto solo per salvaguardare l’Italia dai rischi di un collasso politico e sociale e per ridare credibilità alla nostra nazione nel consesso internazionale.
Con questo suo secondo mandato, inusuale nella storia della nostra repubblica, sembrano tornati i tempi della monarchia dei Savoia e dello statuto Albertino, quando i re avevano il potere di fare e disfare i governi, però le lancette della storia vanno avanti e non indietro e quindi non siamo in presenza di re Giorgio e di un suo illuminato regno.
È comunque una vicenda nuova da un punto di vista istituzionale e pone degli interrogativi,
In queste convulse giornate elettorali per l’elezione al Quirinale abbiamo visto da una parte le forze politiche mosse da logiche autoreferenziali e di potere, dall’altra l’ illusoria democrazia della piazza e della rete.Sono ormai maturi i tempi di una elezione da parte del popolo sovrano del presidente della Repubblica come già avviene in Francia ed in America.
Per chi paventa con questa riforma elettorale ulteriori divisioni e lotte di fazione, basta ricordare il bel discorso di insediamento di Obama alla Casa Bianca, quando ha ignorato la sua appartenenza al partito democratico ed ha parlato all’intera nazione in nome di valori patriottici e di solidarietà, riconoscendosi come il presidente di tutti.