Lettere al Corriere della Sera Domenica 10 settembre
Caro Aldo, si è iniziato in America togliendo le statue dei confederati. Adesso si eliminano le statue in ricordo di Cristoforo Colombo. Poi, c’è da scommetterci, la moda prenderà piede nel mondo. E allora toglieremo le statue dedicate agli antichi romani, ai greci, ai faraoni, tutta gente guerrafondaia. Lo sono stati pure tanti capi della Chiesa, e giù le loro statue! E che dire dei dittatori al potere attualmente? Un giorno abbatteremo le loro statue. Gente come Garibaldi, eroe dei due mondi ma anche «assassino», via dalle piazze e dalle strade. Forse sopravviverà qualche busto di pittori e scrittori del passato. Lucia Marincovich
Cara Lucia, Ci sono statue e statue. Abbattere quelle che i dittatori si sono eretti da sé non mi pare una cattiva idea. Ma giù le mani da Cristoforo Colombo: uno dei più grandi italiani di sempre, direi uno dei più grandi uomini che la storia abbia avuto. Pensi al coraggio quasi folle di partire su una rotta che nessuno aveva mai percorso, fidando sulla propria capacità, sulle convinzioni scientifiche più moderne, andando contro i pregiudizi e gli oscurantismi. Un personaggio meraviglioso.
Oggi noi sappiamo che i calcoli di Colombo erano sbagliati. Che la terra è molto più grande di quanto pensava lui. Sino all’ultimo, com’è noto, il grande genovese restò convinto di essere arrivato nelle Indie; e il continente da lui scoperto si chiamò come il fiorentino che ebbe l’intuizione giusta (il volto di Amerigo Vespucci è affrescato da Ghirlandaio nella cappella di famiglia nella chiesa fiorentina di Ognissanti; dove è sepolta anche Simonetta Vespucci, la donna amata dal Botticelli, che diede le sue sembianze a Venere e chiese di essere sepolto ai suoi piedi. Sebastiano del Piombo dipinse invece nel 1519 un navigatore indicato come Colombo, che però era già morto da tredici anni). Ma questo non toglie nulla alla grandezza dell’uomo. Che era, certo, un uomo del suo tempo. Sognò di diventare nelle Indie una sorta di feudatario della corona spagnola, che si sbarazzò di lui facendolo mettere in catene. Non si può pretendere che Colombo affrontasse gli indigeni con lo sguardo di un antropologo di una moderna università americana. Alle sue scoperte seguì il genocidio di interi popoli: una tragedia e un crimine. Ma Colombo non era un Cortés, né un Pizarro. È un italiano che cambiò la storia, e possiamo andarne orgogliosi come ne andiamo di Dante o di Leonardo; tanto più che la sua italianità, oggi riconosciuta anche dagli studiosi spagnoli, è stata a lungo negata. Aldo Cazzullo