Sul sito dell’editrice La Scuola è uscito un appello firmato da numerosi filosofi appartenenti a più diversi orientamenti, allarmati dal possibile declino degli studi umanistici e della filosofia in particolare, in cui si chiede al nuovo governo impegni precisi: non solo per l’ammodernamento delle strutture scolastiche e universitarie, ma anzitutto per il sostegno e il rilancio di una cultura autenticamente umanistica, come sfondo all’interno del quale anche la ricerca scientifica e tecnologica acquista significato. È questo il modo in cui il nostro paese può essere fedele al suo passato. È questo il modo in cui esso può trovare una vera collocazione nel presente e nel futuro dell’Europa così si conclude l’appello.
La crisi degli studi umanistici investe infatti l’intero retaggio culturale italiano, compreso quello scientifico e tecnologico, alla base dell’identità nazionale del nostro Paese. E che si manifesta purtroppo nel campo della formazione delle giovani generazioni, dove da anni si sta affermando la convinzione che sia sufficiente la rete ( Google, Wikipedia, Facebook, Youtube) per accedere al sapere, contrapponendo ad una formazione rigorosa un flusso ininterrotto di superficiali nozioni digitali.
Anzi i giovani ed anche tanti esponenti della società civile da tempo si sono convinti che l’uso dei social network sia basilare alla loro formazione culturale per acquisire consapevolezza politica e coscienza civica e garantire quindi il potenziamento della democrazia in Italia.
Questa visione culturale spiega non solo il declino degli studi umanistici, ma purtroppo anche l’ignoranza della classe politica attuale, tutta, sia quelli della casta che gli homines novi dell’ anticasta.
Infatti dalla formazione delle nostre classi dirigenti è progressivamente scomparsa soprattutto la conoscenza della storia italiana e del secolare dibattito intorno ai suoi aspetti, così come la conoscenza non virtuale dei luoghi del nostro Paese.
È praticamente scomparsa quella multiforme, complessa, identificazione, anche psicologica prima che genericamente culturale, con la dimensione nazionale, che fino ad oggi ha rappresentato una premessa indispensabile per ogni impegno politico. Ed infatti la storia patria chi la conosce più? A parte Napolitano e tutti coloro che vogliono salvaguardare la memoria del nostro Risorgimento!
La data del 17 marzo grazie alla partecipazione popolare tre anni fa alle celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia era diventata per decreto parlamentare una solennità civile da ricordare in particolare nelle scuole come un momento dì approfondimento storico sul tricolore, sull’inno nazionale e sulla nascita della Patria. Progressivamente di anno in anno questa data non è più sentita come importante memoria storica nella società e nella scuola italiana a parte le scontate e rituali commemorazioni a livello istituzionale a conferma che la storia e la cultura sia umanistica che scientifica esistono oggi solo eventi mediatici, metabolizzati ed appiattiti in un continuo presente senza legami con il passato e senza visioni per il futuro.