Il Sacrario del Monte Grappa
LETTERE Corriere della Sera 27 dicembre 2020
Caro Aldo, ho visto sui social la foto di due ragazzini che praticano lo snowboard sulle scalinate del sacrario militare del Monte Grappa. Provo indignazione per questo gesto irrispettoso verso un luogo che ha visto morire migliaia di soldati durante il primo conflitto mondiale. Penso ai ragazzi del ‘99 e al loro sacrificio estremo. Coltiviamo a fatica la memoria, guardiamo poco al futuro, in compenso viviamo un eterno presente dove tutto è concesso e giustificato, per un’errata interpretazione della parola libertà. La leva obbligatoria per educare i giovani? Sì, ma sono convinto che non può bastare. Mancano le famiglie e la scuola è in serie difficoltà. Lei come la pensa? Andrea Prati
Caro Andrea, la cosa migliore che possiamo fare è raccontare a questi ragazzi cosa accadde sul Grappa. Comincia a nevicare tra l’11 e il 12 novembre 1917. Gli austriaci attaccano la notte successiva. Ci sono anche i tedeschi. È la battaglia cruciale. Il Grappa è un castello alto 1.650 metri a picco sulla pianura veneta: se cade, non ci sono ostacoli sino a Bologna o a Torino. I nostri cedono il Monte Santo, il Roncone, il Cismon. Gli alpini di Feltre salgono sul Tomatico riforniti di castagne e rosari dalle mogli: difendono le loro case; invano, la cima è presa, il paese invaso. Eppure il comandante nemico von Bulow annota che il soldato italiano pare irriconoscibile: ora applica in modo spontaneo la difesa elastica; indietreggia per contrattaccare. Il comando supremo è spettatore: sul Grappa non arriva una sola direttiva. I sottufficiali si prendono l’autonomia prima negata. Il maggiore Scarampi senza attendere ordini sposta l’artiglieria e bersaglia i nemici arroccati al Colle dell’Orso; quando i superiori gli chiedono conto delle munizioni sparate risponde: «Pago io». Sull’Isonzo l’avrebbero fucilato; qui i suoi soldati lo acclamano. Tiene la IV Armata e tengono anche i reparti della II — le brigate Gaeta, Re, Massa Carrara, Messina, Trapani — «vilmente arresisi» a Caporetto secondo il primo bollettino ufficiale. Pure il mitico Rommel si scorna: sbaglia strada e finisce in una valle cieca (e qui pare di vedere Sordi e Gassman: «Tié!»). A metà dicembre la grande battaglia d’arresto è vinta.
Oggi nell’ossario austriaco riposano fianco a fianco il tedesco Krauser e lo slavo Kratic, l’ungherese Kubatnyz e il polacco Koudelka. Le guide indicano ai bambini la lapide che ricorda un soldato di nome Peter Pan; ma i piccoli sono più colpiti dal telefono con la rotella del rifugio Bassano (lassù il cellulare non prende). Altri tedeschi arrivarono nel 1944: animati dal ricordo della Resistenza dei padri, i partigiani avevano tentato di asserragliarsi quassù; furono fucilati o impiccati agli alberi di Bassano. Ogni tanto il Grappa restituisce un frammento della Grande Guerra: una baionetta, una giberna, un osso. Nel 2017 sono stati ritrovati quattro corpi e un servizio di porcellane: era la mensa degli ufficiali austriaci, presi di sorpresa dagli arditi. Una lapide dice: «Qui riposano tre alpini. Due dovrebbero essere i nostri nonni Angelo Vassalli e Romeo Gianuzzi. Se sono loro, questa scritta li ricorda. Se non sono loro, rende comunque omaggio agli alpini italiani». Aldo Cazzullo
La DOMENICA del CORRIERE 28 gennaio – 4 febbraio 1917
La guerra dei prodigi. Una “corvèe” degli alpini a tremila metri