La libertà è il diritto di fare ed esercitare tutto ciò che non nuoce ad altri. Il confine entro il quale ciascuno può muoversi senza nocumento altrui è stabilito per mezzo della legge, come il limite tra due campi è stabilito per mezzo di un cippo.
Karl Marx, Sulla questione ebraica, 1844
Per protestare contro le dure e lunghe condizioni di permanenza al Centro di Identificazione ed Espulsione (CIE) di Roma qualche giorno prima di Natale quattro tunisini e quattro marocchini si sono cuciti la bocca.
Una settimana prima i migranti al centro di accoglienza di Lampedusa in fila e nudi sono stati lavati all’aperto per essere sottoposti alla disinfezione contro la scabbia. Le immagini che sono state diffuse nei media hanno ricordato a molti i campi di concentramento nazisti.
Ad ottobre c’era stato il naufragio di una imbarcazione libica usata per il trasporto dei migranti a poche miglia del porto di Lampedusa. L’affondamento ha provocato 366 morti e 20 dispersi, un bilancio che la pone come la più grave catastrofe marittima nel Mediterraneo degli ultimi anni.
Questi fatti sicuramente riprovevoli non hanno solo creato emozione e condanna presso l’opinione pubblica, hanno anche provocato tra alcune forze politiche ed associazioni di volontariato la richiesta immediata di chiusura di tutti centri di accoglienza presenti nel nostro territorio e di fatto l’affossamento della legge Bossi-Fini sull’immigrazione clandestina in Italia. Pochi ricordano invece che i primi centri di accoglienza erano stati istituiti in ottemperanza dell’articolo 12 della legge Turco-Napolitano del 1998. Sulla politica migratoria infatti sia governi italiani di destra che di sinistra hanno fatto le stesse scelte, in quanto sono scelte comuni a tutti gli stati europei che hanno sottoscritto gli accordi di Schengen del 1995 e che quindi cercano di attuare gli strumenti più efficaci per regolamentare i flussi migratori verso l’Europa.
Bisogna quindi domandarci se questi strumenti come i centri di accoglienza funzionino o come si evince da questi drammatici ultimi episodi occorra riformarli e renderli più umani.
I sostenitori della libera ed indiscriminata accoglienza auspicano invece la soppressione sic et simpliciter di questi strumenti!
Queste anime belle che sognano l’uomo planetario e un mondo senza confini non vedono poi le conseguenze di questa politica meramente permissiva: migliaia di migranti che vivrebbero in Italia senza occupazione e senza casa oppure sfruttati da schiavi nel mercato del lavoro nero e segregati nei quartieri degradati delle nostre città o peggio ancora costretti a delinquere.
La Carta delle Nazioni Unite al Capitolo I (dedicato ai fini e principi dell’Organizzazione), all’articolo 1, paragrafo 2, individua come fine delle Nazioni Unite:”Sviluppare tra le nazioni relazioni amichevoli fondate sul rispetto e sul principio dell’eguaglianza dei diritti e dell’auto-determinazione dei popoli…“; la stessa ONU ricorda altresì che il rispetto e il principio dell’eguaglianza dei diritti e dell’auto-determinazione dei popoli non possono mettere in discussione la certezza dei confini nazionali, il dovere di sudditanza dei popoli e la stabilità politica degli stati.
In Italia l’ emancipazione nazionale del nostro popolo è avvenuta ben un secolo prima della stesura della Carta dell’ONU durante gli anni del Risorgimento ed i confini nazionali sono nati per il sacrificio e la lotta di molti patrioti nelle Guerre d’Indipendenza e sono stati poi difesi in tempi di pace e di guerra fino ad oggi.
I confini, e non solo in Italia, pertanto non sono una mera espressione geografica, ma hanno una forte valenza simbolica e politica e le condizioni tragiche degli sbarchi dei migranti a Lampedusa non possono far dimenticare la loro importanza e necessità.