Martedì 21 novembre, dopo una partecipata assemblea degli studenti, è stata decisa l’occupazione del Palazzo della Sapienza, il palazzo simbolo dell’università di Pisa, per chiedere che l’ateneo prenda una posizione netta sulla guerra in Medio Oriente. Per inciso ricordiamo che proprio da questa università partirono nel maggio del 1848 gli studenti guidati dai professori Montanelli, Pilla e Giorgini per combattere a Curtatone e Montanara e assieme a loro tanti giovani volontari da Siena e Firenze.
«A Pisa, come in tante altre città — spiegano gli studenti in una nota — vogliamo continuare ad agire per il cessate il fuoco immediato e per la libertà del popolo palestinese. Significa bloccare ogni complicità con il massacro in Palestina che da questa città si propaga con le complicità del governo, degli atenei e delle aziende che sostengono Israele». La bandiera della Palestina, dopo aver sventolato sulla Torre in un’immagine che ha fatto il giro del mondo, ora riempie un intero lato del cortile della Sapienza. Il tricolore italiano del ’48, però, esprimeva una legittima istanza di libertà da parte di giovani volontari che andavano a combattere per la patria; la bandiera palestinese, invece, è stata impugnata da Hamas il 7 ottobre per commettere crimini di inaudita ferocia.
I giovani che manifestano per la Palestina contro Israele sostengono di non avere pregiudizi antisemiti, ma di essere contro la politica imperialista dello Stato sionista, che ha cacciato i palestinesi dalle loro terre. Il loro linguaggio rivela la loro adesione a visioni ideologiche anticapitalistiche, ma anche, ciò che è peggio per studenti universitari, un’abissale ignoranza della storia dell’Occidente e del Medio Oriente. Se i nostri giovani la conoscessero, prima di tutto saprebbero che lo Stato ebraico nacque sulla base di una risoluzione delle Nazione Unite del 1947, che prevedeva la nascita di due Stati quasi equivalenti per estensione (con Gerusalemme affidata all’amministrazione dell’Onu), accettata dagli israeliani e rifiutata dai palestinesi: proprio la soluzione “due popoli, due Stati” che tutti auspicano da molti anni. Inoltre ignorano, o fanno finta di ignorare, che dalla sua fondazione in poi Israele è un esempio di società democratica, che si può dividere in modo aspro sulla questione della giustizia oppure sul ruolo della religione, ma che nei momenti critici sa mettere da parte ogni motivo di frattura e mostrarsi straordinariamente unita e coesa. I diritti individuali (tra cui quello di manifestare liberamente le proprie idee, come si può fare in Italia ma non a Gaza) non sono in contraddizione con un forte sentimento comunitario. È una società che crede in sé stessa, nella propria storica ragion d’essere, ed è capace come nessun’altra di rendere partecipe i propri cittadini di questi sentimenti e valori.
L’antisemitismo dei giovani italiani verrebbe invece confermato da una recente ricerca dell’Istituto Cattaneo di Bologna, che ha raccolto i numeri di tre grandi atenei: Milano Bicocca, Bologna e Padova. L’indagine, condotta tra settembre e ottobre, ha coinvolto 2.579 studenti. Nel questionario si distinguevano tre temi che riguardano l’antisemitismo. Il primo è il modello classico, quello che vede gli ebrei a capo di una cospirazione mondiale attuata con l’aiuto della grande finanza. Un secondo modello è quello che li accusa di doppia lealtà e che li rappresenta come un corpo estraneo nella società. Il terzo è quello che ridimensiona la portata della Shoah.
Per il 14% degli intervistati gli ebrei controllano il mondo della comunicazione. Una percentuale che aumenta al 18% per chi è di centrodestra. Mentre per il 30% del campione gli ebrei «sono più leali con Israele che con il paese di appartenenza». Il 33% dice che gli ebrei preferiscono frequentare i membri del loro gruppo piuttosto che gli altri. Infine, c’è soprattutto quel 46% secondo il quale «il governo israeliano si comporta con i palestinesi come si comportarono i nazisti con gli ebrei». Il parallelo raccoglie ampi consensi a sinistra: il 59,7% sottoscriverebbe l’affermazione. E si avvicina al 70% nei primi giorni della crisi dopo l’attacco di Hamas ad Israele.
Graffiti contro la Comunità ebraica a Roma
«Ciò che ci ha colpito è che il dato sul paragone con la Germania nazista cresce in modo sensibile soprattutto a sinistra dopo il 7 ottobre, giorno dell’attacco di Hamas, e non dopo il 17, come ci aspettavamo, dopo l’esplosione dell’ospedale di Gaza.», ha dichiarato Asher Colombo, presidente dell’Istituto Cattaneo. «Ed è ancora più significativo che le percentuali più alte di adesioni a modelli antisemiti si registrano nelle fasce di studenti con votazioni più basse alla maturità o che leggono meno libri. Ciò significa che la scuola e l’istruzione più in generale possono fare molto per combattere alcuni tipi di pregiudizi».
Ma da anni nella scuola italiana si è manifestata una grave crisi del suo ruolo educativo, come dimostra anche l’indifferenza dei docenti di fronte alle occupazioni degli studenti nelle Università e negli istituti scolastici, quando non arriva a un pieno sostegno. Con il rischio che l’evidente impoverimento culturale e civile dei giovani possa minare le basi della convivenza sociale e della democrazia. Se è vero che “la scuola e l’istruzione più in generale possono fare molto per combattere alcuni tipi di pregiudizi”, in questo caso antisemiti, occorre rendere la scuola più esigente in termini di istruzione e di educazione al senso civico, rivalutando una didattica fondata su un rigoroso studio delle discipline sia umanistiche che scientifiche per una crescita politica e culturale delle nuove generazioni.
Sergio Casprini