Mille giorni d’infamia. Mille giorni su cui riflettere e provare vergogna. Da mille lunghissimi giorni i nostri marò sono ostaggi di un Paese, l’India, che non conosce imbarazzo nel continuare a rimandare un processo che li sbugiarderebbe in mondo visione. Mille giorni trascorsi nell’indifferenza di un Paese, l’Italia, che ha dato il peggio di sé sul fronte diplomatico, politico, militare, mediatico. Ci siamo fatti riconoscere per aver abbandonato al loro destino due eroi in divisa di scorta a una nave battente bandiera italiana. Ci siamo fatti ridere dietro per come abbiamo gestito il via vai dei due fucilieri, fra Roma e New Delhi…
Con queste affermazioni forti e retoriche inizia l’editoriale di Gian Marco Chiocci sul Il Tempo del 10 novembre sulla vicenda dei nostri marò ancora in attesa da ormai mille giorni di un giusto processo in India che faccia chiarezza sulla tragica morte di due pescatori indiani.
Il direttore del giornale nella foga del suo intervento sbaglia a definire eroi Girone e Latorre come se fossero stati protagonisti di un atto di coraggio in un’impresa bellica, certamente però i due fucilieri della marina italiana, imbarcati sulla petroliera Enrica Lexie, battente bandiera italiana, svolgevano il loro ruolo di militari di scorta secondo le norme di una recente legge italiana, che prevedono:… nell’ambito delle attività internazionali di contrasto alla pirateria al fine di garantire la libertà di navigazione del naviglio commerciale nazionale il Ministro della Difesa può stipulare con l’armatoria privata italiana convenzioni per la protezione delle navi battenti bandiera italiana in transito negli spazi marittimi internazionali a rischio di pirateria e imbarcare, a richiesta e con oneri a carico degli armatori, Nuclei militari di protezione della Marina, che può avvalersi anche di personale delle altre Forze armate, e del relativo armamento previsto per l’espletamento del servizio.
Pertanto il giudizio sulla responsabilità dei nostri marò su ciò che veramente successo nei mari indiani , innocenti o colpevoli che siano, dovrebbe spettare alla magistratura del nostro Paese, come è sempre avvenuto nelle altre Nazioni, quando sono stati accusati di crimini i loro militari in servizio all’Estero. Si può infatti ricordare tra gli altri casi di controversie giuridiche a livello internazionale la bravata dei piloti americani che portò alla tragedia del Cermis, quando il 3 febbraio 1998 un aereo militare statunitense, volando a quota troppo bassa in violazione dei regolamenti , tagliò il cavo della funivia del Cermis, in Valle di Fiemme, causando la caduta della cabina e la morte di tutti i venti occupanti.
Questa bravata non fu giudicata in un tribunale italiana, ma in un tribunale degli USA !
Allora non ci fu un vulnus alla nostra sovranità nazionale- per inciso la presenza delle sedi militari USA nel nostro territorio è un problema politico, non giuridico- oggi nel caso dei marò in India sì .
I nostri politici tra cui ultimamente anche ll premier Renzi , quando partecipano ad incontri e consessi internazionali, dichiarano di parlare sempre in nome dell’Italia e dei suoi interessi nazionali.
Alle parole dovrebbero seguire quindi i fatti: invece, nonostante i 150 anni dell’Unità Italiana che abbiamo appena celebrato, ancora oggi il nostro Paese non ha acquisito una forte identità nazionale, un prestigio ed un’autorità nel mondo, come purtroppo la vicenda dei due marò italiani sta dimostrando.