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I MERITI DI BENEDETTO XV PAPA DELL’INUTILE STRAGE

07/02/2016

papa-benedetto-xvLettere a Sergio Romano  Corriere della Sera 2 febbraio

Sfogliando l’elenco dei papi del Novecento ben tre sono saliti agli onori degli altari: Pio X, Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II. Pio XII è stato dichiarato servo di Dio e venerabile. Sorprende l’assoluto silenzio sul Papa genovese Benedetto XV (Giacomo della Chiesa) che si scagliò più volte contro l’inutile strage della Prima guerra mondiale. Prima di salire al soglio pontificio svolse un’intensa attività diplomatica. Sa dirmene le ragioni? C’è dell’imbarazzo per la sua vita privata? Ci sono considerazioni di tipo politico e religioso che mi sfuggono?

Franco Paolo Oliveri

 

Caro Oliveri,

Come Eugenio Pacelli, anche Giacomo della Chiesa fu un Papa diplomatico. Divenne sacerdote contro la volontà del padre (un marchese genovese), ma la sua carriera ecclesiastica, sin dagli inizi, fu quella dei giovani nobili che venivano preparati a rappresentare gli interessi della Santa Sede nel mondo. Lavorò con Mariano Rampolla nella nunziatura di Madrid e fu collaboratore di Rafael Merry del Val quando questi divenne segretario di Stato, in una fase della diplomazia vaticana in cui il papato non nascondeva le sue simpatie per l’Austria-Ungheria. La sua esperienza pastorale fu breve. Divenne arcivescovo di Bologna nel 1908 ed era cardinale dal maggio 1914 quando una broncopolmonite mise fine alla vita di Pio X.
Fu scelto dal Conclave, probabilmente, perché gli elettori ritennero che l’esperienza diplomatica facesse di lui l’uomo più adatto a pilotare la barca della Chiesa in una fase tempestosa della storia europea. Ma quelli che i cardinali consideravano meriti suscitavano, in altri ambienti, sospetti e diffidenze. Per meglio combattere i governi avevano bisogno di suscitare sentimenti patriottici, paura e odio del nemico, una opinione pubblica pronta a sopportare gli inevitabili sacrifici provocati dal conflitto. Il documento papale sulla «inutile strage», ricordato nella sua lettera, fu pubblicato il 1° agosto del 1917, in un momento in cui le cronache cominciavano a registrare moti rivoluzionari (a Pietrogrado in febbraio), offensive fallite (sul fronte francese in aprile), scioperi e proteste (a Torino durante l’estate). Molti sospettarono che il Papa volesse salvare l’Impero asburgico dalle devastanti conseguenze di una sconfitta. Ma l’intervento di Benedetto XV fu giudicato demoralizzante anche dai tedeschi, che continuavano a considerarsi vicini alla vittoria. In Italia fu severamente criticato dal ministro degli Esteri Sonnino e in Francia il presidente del Consiglio Clemenceau definì Benedetto XV «le pape boche», il papa crucco.Persino nel mondo cattolico molti pensarono che gli interventi del Papa fossero inopportuni. Oggi, dopo le tragiche esperienze del XX secolo, il giudizio su Benedetto XV è alquanto diverso. Ma le ultime canonizzazioni dimostrano che la proclamazione della santità di un Papa è legata alla dimensione del consenso popolare suscitato dalla sua persona. Mi sembra che Giacomo della Chiesa non appartenga a questa categoria.

Sergio Romano

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