E’ dovere e impegno di una società civile saper vedere le disuguaglianze, combatterle e rimuoverle
15 dicembre 2021: le persone completamente sorde, al mondo, sono oltre 83 milioni, a fronte di una popolazione terrestre stimata attorno a 7,85 miliardi di persone. Nel mondo dunque una persona su 94 è impossibilitata a percepire qualsiasi suono, con le ricadute che si possono immaginare sul suo percorso scolastico, nella crescita, nelle amicizie, nella famiglia, nel lavoro. Nella mia vita ho conosciuto ragazzi che ci sentivano, ma che avevano la madre o il padre -o anche entrambi i genitori-, affetti da sordità; ho conosciuto genitori che ci sentivano, ma che vivevano con angoscia la sordità di una figlia, o di un figlio. L’angoscia di quei genitori era data dalla paura dell’esclusione che già vedevano nel futuro dei loro figli: esclusione o ghettizzazione in un ambito di soli non udenti.
Parlare di questo non riguarda anche la difesa dei valori del Risorgimento? O i principi della nostra Costituzione? O non ribadisce, in senso politico più ampio, valori di giustizia e libertà, al di là di un approccio solo medico e organizzativo al problema? E perché, in questo momento, scrivo di sordità, e non piuttosto di cecità, paraplegia, o di altre condizioni di grande sofferenza ed esclusione?
Il sordomutismo iniziò ad essere affrontato come problema sociale, in Italia, dal 1784: il primo educatore dei sordi fu l’abate Tommaso Silvestri, che portò avanti l’esperienza di Charles-Michel de L’Epée, inventore in Francia di un metodo di mimica gestuale per comunicare. Gli allievi di Silvestri venivano istruiti nell’articolazione, nella lettura labiale, ma con il supporto dei segni gestuali come mezzo fondamentale di comunicazione. Cominciarono a nascere diverse scuole per sordi, prima a Roma e in seguito in altre città italiane. C’è da dire che, a differenza dei ciechi, i sordi in tutta Europa erano considerati malati mentali, e per questo fatto esclusi dalla maggior parte dei diritti civili.
Monumento a Tommaso Silvestri Abate, Trevignano Romano, Roma
In pratica: un cieco poteva gestire una propria attività, vendere, comprare, donare o ereditare beni, ma un sordomuto -non si ragionava punto sul rapporto tra sordità e mutismo, né sul fatto che nella stragrande maggioranza dei casi il mutismo è legato alla sordità-, ritenuto mentalmente minorato, se possidente era affidato ad un tutore, non poteva gestire i propri beni, né poteva ereditare direttamente; se poi era povero poteva ritrovarsi, senza colpa, ‘incatenato in carcere assieme agli altri pazzi’.
Successivamente, intorno al 1880, emerge la figura di Filippo Smaldone, che stese programmi e progetti educativi, linee di metodo e di didattica, esaltando il metodo orale labiale, basato sulla lettura delle labbra, escludendo l’uso delle lingue dei segni. In Italia solo a partire dal 1980 sorgeranno le prime ricerche linguistiche e scientifiche sulla lingua dei segni italiana. Nel 2020 il Festival di Sanremo è stato per la prima volta totalmente tradotto in diretta nella lingua dei segni. Al di là del dibattito scientifico e pedagogico, se sia appropriato insegnare la lingua dei segni, oppure il metodo orale labiale, oppure entrambi contemporaneamente, è dovere e impegno di una società civile saper vedere le disuguaglianze, combatterle e rimuoverle. Anche nel caso della sordità.
Livio Ghelli Comitato Fiorentino per il Risorgimento
Nello Studio 4 di via Teulada traduzione in diretta con la lingua dei segni delle canzoni del Festival di Sanremo 2020