1786 Angelica_Kauffman Ritratto_di_Domenico_Cirillo
I VERI EROI NAPOLETANI
LETTERE al Corriere della Sera 10 maggio 2023
Caro Aldo, voglio difendere il Sud non con ritornelli, bensì con i fatti, come appunto la conquista manu militari di un grande Regno del Sud da parte di uno staterello indebitato del Nord retto da una dinastia che, nei tempi a noi più vicini, ha dato ampia prova della sua inettitudine. Fatti, indagati dagli storici accademici ma sui quali ci sarebbe ancora molto da discutere. Sono lontano discendente di un ministro degli Interni del Regno di Ferdinando II di Borbone (Nicola Intonti), non sono un neoborbonico ma della storia del Regno di Napoli conosco forse qualcosa più di lei. Pasquale Intonti Putignano (Bari)
Caro Pasquale, con tutto il rispetto per il suo avo, non sarebbe male ricordare anche la memoria di Domenico Cirillo, scienziato e illuminista. Davanti al tribunale che lo condannerà alla forca, si presentò come «medico e, al tempo della Repubblica, ministro della Sanità». Lo sbirro del Borbone, per umiliarlo, gli chiese: «E in faccia a me, chi sei?». Lui rispose: «In faccia a te, io sono un eroe». Così almeno racconta Vincenzo Cuoco. Storici moderni danno una versione diversa; ma del resto quasi tutte le frasi celebri della storia non sono in realtà mai state pronunciate, o almeno non come sono state riportate. Di sicuro, però, la Repubblica napoletana del 1799 fu il primo Stato europeo a iniziare una campagna di vaccinazione contro il vaiolo a carico dell’erario. Non è inutile ricordare che l’oro dei Borbone esisteva, certo; ma era patrimonio privato del re, un re assoluto, non costituzionale, che poteva dire con il Re Sole «lo Stato sono io». Così come la Napoli-Portici serviva alla corte per andare dalla reggia di Napoli a quella di Portici. Il lodatissimo bidet lo usava il re, che però per il popolo non faceva costruire neppure le fogne. E i cannoni erano rivolti contro la città, non contro il mare; il vero nemico era all’interno. Del resto, come avrebbero fatto mille straccioni ad abbattere una grande potenza?
Ricevo molte lettere dal Sud di lettori di eccellente formazione culturale, in cui viene evocato un fiabesco Regno borbonico caratterizzato da prosperità, buon governo, libertà e felicità per i suoi sudditi. Storici scrupolosi, anche loro di origini meridionali, come Carmine Pinto o Pino Ippolito Armino, hanno riportato la questione alla realtà. È giusto cercare nella storia del Mezzogiorno fatti cui guardare con legittimo orgoglio. Ma sono meglio i sanfedisti e i briganti o i patrioti che nel 1799 seppero affrontare il patibolo? Tra loro vi erano alcune delle più brillanti intelligenze italiane, come il giurista Mario Pagano, e grandi donne, come Eleonora de Fonseca Pimentel. Ma per i neoborbonici sono soltanto collaborazionisti dei francesi. Un altro esempio? Il 29 settembre del 1943, in una città prostrata e ridotta alla fame, antifascisti e ufficiali dell’esercito si mettono a capo di gruppi di popolani male armati e attaccano con coraggio i tedeschi. Malgrado l’evidente sproporzione di mezzi, combatte tutta la città, compresi i ragazzini che cadono mentre assaltano i panzer con le bottiglie molotov.
Pochi ricordano che Napoli è la prima città europea ad insorgere contro i nazisti.
Carlo Cazzullo