LETTERE AL CORRIERE DELLA SERA
24 aprile 2022
Caro Aldo, sul Corriere leggo che la Brigata Ebraica, che ha partecipato alla Liberazione, sarà «scortata». Sono davvero molto amareggiato.
Franco Cohen
Caro Franco, la sua amarezza è pienamente giustificata. Attorno al 25 aprile sta accadendo un mezzo disastro. Da una parte, un canto di liberazione come «Bella ciao» viene criminalizzato e considerato un inno politico. Dall’altra, la Resistenza viene rivendicata come «una cosa di sinistra», e collegata ad altre cause che non c’entrano nulla. Si va dalla questione palestinese all’Alta velocità in Val di Susa: tutte vicende su cui è ovviamente legittimo avere un’opinione e coltivare un impegno, ma non in nome dei partigiani e dei resistenti.
In realtà, la Resistenza dovrebbe appartenere alla nazione, non a una fazione. Il nazifascismo fu sconfitto da uomini di destra come Winston Churchill e Charles de Gaulle. Tra i partigiani c’erano uomini di ogni fede politica: comunisti, socialisti, azionisti, liberali, cattolici, monarchici, e tanti ragazzi di vent’anni e anche meno, che non sapevano neppure cosa fosse un partito, ma non volevano obbedire ai bandi Graziani e combattere per il Duce e il Führer. E ci furono molti modi di dire di no ai nazifascisti. Un no che fu pronunciato da uomini e donne, ebrei e carabinieri, militari e suore, contadini e sacerdoti.
Non dobbiamo sopravvalutare qualche imbecille che in passato ha vergognosamente fischiato la Brigata Ebraica. Ma non dobbiamo neppure abituarci né a questo, né in generale alla denigrazione della Resistenza e alla sua lettura ideologica. (Quanto al solito argomento, per cui i comunisti non volevano la democrazia ma la dittatura sovietica, è perfetto per le polemiche sul divano, privo di senso quando si trattava di decidere da che parte stare: se con coloro che mandavano gli ebrei ad Auschwitz, o contro). Aldo Cazzullo