Una scena del film “Rapito” di Marco Bellocchio sul caso Mortara
Lunedì 16 ottobre a Firenze a Palazzo Vecchio l’iniziativa per rileggere in chiave attuale, dopo oltre un secolo e mezzo, la storia del bambino ebreo bolognese rapito da Papa Pio IX. Il direttore di Repubblica Molinari intervista David Kertzer
L’iniziativa è pronta da mesi, nata dalla volontà di rileggere dopo oltre un secolo e mezzo, alla luce dell’attuale contesto storico e culturale — italiano e (come fu anche allora) internazionale — una vicenda drammatica dal punto di vista umano, e fortemente simbolica dal punto di vista religioso e politico. Ma è ovvio che fare il punto adesso, sullo sfondo della guerra in corso in Israele, sul caso del bambino ebreo bolognese Edgardo Mortara — battezzato di nascosto da una domestica, fatto rapire nel 1858, in quanto ormai “cristiano’’, da papa Pio IX, e mai più restituito alla famiglia, su cui nel 2023 ha riportato l’attenzione il film di Bellocchio Rapito — , offre un’ulteriore occasione per riflettere sulle complesse dinamiche che in ogni epoca, in Italia come altrove, caratterizzano le relazioni col mondo ebraico. “Il caso Mortara nello scenario nazionale e internazionale, ieri e oggi”, è il titolo del dibattito organizzato dall’Associazione Italia Israele di Firenze con il sostegno del Comitato Fiorentino per il Risorgimento e della Comunità ebraica di Firenze, che si terrà lunedì 16 ottobre, in Palazzo Vecchio (Sala Firenze capitale, ore 16,30) con la partecipazione di David Kertzer, intervistato dal direttore di Repubblica Maurizio Molinari, e di Elèna Mortara.
Storico e antropologo americano esperto di storia d’Italia e dello Stato Pontificio, Kertzer è autore del testo che più ha contribuito a far conoscere il caso Mortara a livello internazionale (Prigioniero del Papa Re, Rizzoli 1996, finalista al National Book Award del 1997 e pubblicato in diciotto edizioni straniere), mentre a Mortara, pronipote di Ernesta, sorella di Edgardo e docente di Letteratura anglo-americana all’Università di Roma Tor Vergata, si deve la ricostruzione della messa in scena a Parigi, pochi mesi dopo il rapimento, della pièce teatrale ispirata al kidnapping opera di Victor Séjour, cattolico liberale francese di origine afro-americana, alla cui prima assistette l’imperatore Napoleone III, testimonianza della portata politico culturale, già al tempo avvertita, del battesimo forzato del bambino ebreo (non l’unico, ma il primo a suscitare un simile mobilitazione), e della clamorosa sottrazione. Insieme a Gran Bretagna e Prussia, Napoleone III fece pressioni su papa Pio IX, ma senza risultato. La vasta eco del caso Mortara contribuì comunque a sollevare il velo sulle pesanti discriminazioni che ancora gravavano sugli ebrei a metà ‘800 nonostante i progressi dell’emancipazione (in Piemonte, con lo Statuto Albertino, avviata dal 1848).
La vicenda di Edgardo non fu tuttavia soltanto “ebraica’’, ma entrò nel dibattito liberale e progressista, alimentò la battaglia risorgimentale contro l’arretratezza spirituale, culturale e politica dello Stato presieduto da un antistorico Papa Re, a favore della separazione fra Stato e Chiesa, dell’affermazione dei diritti e della libertà, non solo religiosa, e di un nuovo, moderno, laico, Stato nazionale, contribuendo al crollo, nel 1870, dello Stato Pontificio. Temi, in realtà, ancora attuali, come dimostrano la perdurante necessità di aggiornare la legislazione sulla libertà religiosa (il Codice di diritto canonico consente tuttora di battezzare un bambino non cattolico in pericolo di morte anche contro la volontà dei genitori), e, purtroppo, il costante riaffiorare dell’antisemitismo (mentre nel 2020 Pio IX è stato addirittura beatificato). Lo stesso sfondo su cui si muove l’intensa attività pubblicistica di Kertzer, fra i primissimi ricercatori ad accedere agli archivi vaticani aperti nel 2020 e ai documenti desecretati di papa Pio XII, e a pubblicare in anteprima mondiale, nel 2022, un libro sui negoziati segreti con Hitler e Mussolini di papa Pacelli, che non denunciò mai pubblicamente le persecuzioni razziali pur sapendo dal ‘42 (rivela una lettera resa nota nel 2023) dell’esistenza dei lager.
Maria Cristina Carratù La Repubblica Firenze 14 ottobre2023