Castiglioncello, comune di Rosignano Marittimo.
Il Castello Pasquini viene edificato a partire dal 1889 dal Barone Lazzaro Patrone, spregiudicato imprenditore arricchitosi col commercio del guano sudamericano, sulla proprietà di Diego Martelli, costretto a vendere le sue tenute di Castiglioncello e di Castelnuovo della Misericordia per le disastrate condizioni economiche.
La costruzione, affidata ad una famiglia di Castelnuovo della Misericordia, i Luparini, dapprima ingloba poi cancella definitivamente la vecchia fattoria di Diego Martelli resa celebre da numerosi dipinti dei Macchiaioli della cosiddetta “Scuola di Castiglioncello” (si vedano a titolo di esempio le opere di Giuseppe Abbati, Castiglioncello e Odoardo Borrani, Orto a Castiglioncello).
Il nuovo pretenzioso edificio – che ha come riferimento Palazzo Vecchio – è caratterizzato dallo stile eclettico in voga nella Toscana dell’epoca, con forti richiami neo-gotici. La dominanza, anche simbolica, sul paese ancora in costruzione è accentuata da imponenti muri di terrazzamento e di cinta coronati da bastioni.
Insieme alla villa di Martelli vengono distrutti tutti gli edifici agricoli annessi oltreché le recinzioni e costruzioni che la circondavano, mentre gli adiacenti terreni agricoli vengono riconvertiti a parco secondo i gusti romantici dell’epoca per abbellire e proteggere la privacy della nuova residenza. All’imbocco del viale, lungo il muro di cinta, viene costruita l’abitazione del casiere, ad andamento curvilineo che richiama, nei merli che ne coronano la sommità, lo stile gotico della costruzione principale; all’interno del parco, vicino al Castello, sorge la cappella seminterrata a pianta circolare decorata in stile coppedè.
Lo stile del Castello Pasquini impronta anche altri edifici costruiti a Castiglioncello, a cominciare dalla stazione ferroviaria, del primo decennio del secolo, per la cui costruzione il Barone Patrone offrì i propri terreni a condizione che ricalcasse nello stile il Castello stesso e non compromettesse dunque, secondo le idee del proprietario, la vista della sua residenza la cui svettante torre dominava il promontorio.
Intralciato dai concittadini nei suoi ambiziosi propositi che prevedevano fra l’altro la costruzione di un ippodromo e di numerose infrastrutture per l’emergente elitario turismo che andava riempiendo di lussuose ville stile Liberty le scogliere del promontorio, il Barone Patrone cedette pian piano tutte le sue proprietà dislocate fra Castiglioncello e Castelnuovo, fino a vendere il Castello ed il parco nel 1938.
A lui succedettero altri proprietari, finché nella seconda metà degli anni ’40 il Castello diventa proprietà della famiglia Pasquini, di cui ancora conserva il nome, che operò significative modifiche soprattutto nel parco – con la realizzazione di un campo da tennis, di un bocciodromo e di una pista da ballo – che venne in parte compromesso nel carattere “selvaggio”, tipicamente romantico, che aveva improntato il giardino Patrone.
Agli inizi degli anni ’80 il Castello, in abbandono, viene acquistato dell’Amministrazione Comunale che lo adibisce a centro culturale, prevalentemente destinato a spettacoli, mostre e convegni..
Attualmente è sede di Armunia.
Armunia Festival Costa degli Etruschi nasce nel giugno del 1996 come associazione tra alcuni comuni della Provincia di Livorno e della Provincia di Pisa.
La sede è il Castello Pasquini di Castiglioncello (Livorno). Lo scopo dell’associazione è stato inizialmente quello di organizzare e gestire spettacoli e eventi culturali sul territorio.
La storia di Castiglioncello e del Castello Pasquini, come luogo di ospitalità di artisti e di produzioni culturali, imponeva all’Associazione il rispetto di una tradizione colta e insieme popolare: rispettare i “luoghi”, le loro identità e al tempo stesso aprirsi al nuovo, alla contemporaneità.
Fondamentale per Armunia è il rapporto di collaborazione con scuole e associazioni finalizzato non tanto alla ricerca immediata di un potenziale pubblico, ma, prevalentemente, alla necessità di radicare l’uso del linguaggio teatrale nella prassi quotidiana, dare enfasi alle numerose iniziative prodotte dalla fantasia autoctona e confrontarle, mescolandole, con la poetica degli interlocutori.