Il cimitero dei Pinti a Firenze è l’unico al mondo solo maschile. Vi sono sepolti 3.800 fratelli della Misericordia, ma è dismesso dal 1898 e si trova a Firenze in via degli Artisti.
Un lungo muro sbrecciato su via degli Artisti, un portone sgangherato che si apre cigolando. E improvvisamente sei nell’isola dei morti. Un emiciclo pieno di luce, un prato con qualche croce bianca chiuso da un colonnato da cui svettano statue e busti in marmo. Così appare il Cimitero dei Pinti.
Fu costruito in aperta campagna fuori Porta a Pinti per volere della Reggenza lorenese nel 1747 ed accolse i defunti dell’ospedale di Santa Maria Nuova, in particolare le persone sconosciute o non richieste dai parenti, i cui scheletri venivano poi anche usati per gli studi di anatomia.
Quando l’Arciconfraternita della Misericordia era in cerca di un nuovo luogo di sepoltura in una zona più vicina alla città rispetto al cimitero di Soffiano il Granduca Leopoldo II concesse in data 11 luglio 1824 la zona adiacente al vecchio cimitero dell’ospedale. Inizialmente il cimitero della Misericordia e dell’ospedale rimasero separati da un muro divisorio, ma in seguito, dopo un atto di rinuncia dell’Ospedale, il cimitero della Misericordia poté essere ingrandito notevolmente, assumendo un aspetto monumentale.
Fu quindi ristrutturato nel 1837-1839 dall’ingegnere comunale Paolo Veraci, che realizzò un insieme in stile classico due loggiati semicircolari saldati insieme da una cappella dedicata all’Immacolata Concezione: questa zona era destinata alle tombe “distinte”.
Il cimitero venne completato tra il 1878 e il 1886 dall’architetto Michelangelo Maiorfi, che aggiunse le due celle laterali e la facciata classicheggiante.
Nonostante l’erba sia periodicamente tagliata, molte lapidi sono spaccate e sprofondate, alcuni monumenti funebri sono rovinati e scheggiati, i numerosi busti sepolti da polvere annosa. Qua e là si leggono alcuni nomi dei fratelli “giornanti”, e “buona voglia” ovvero impegnati nei servizi di assistenza della Misericordia. “Cav. Capitano Ferdinando Gugliantini, appartenne alla falange immortale di Curtatone e Montanara…”. “Gaetano Bianchi, pittore fiorentino(1819-1892).
Altre personalità sepolte sono quelle di Vincenzo Batelli, Giovanni Baldasseroni, Emilio De Fabris e Giuseppe Barellai.
Sotto al loggiato di sinistra sono schierate cinque storiche vetture per trasportare i morti: due carrozze bianche per i bambini, le altre scure e (un tempo) dorate per gli adulti.
Dovunque però regna l’incuria, la negligenza di quanto sia rito, culto e conservazione del ricordo. Perché non aprirlo e farne un giardino della memoria? Perché non farne un Pantheon dei fiorentini più o meno illustri dell’Ottocento, tra i quali molti patrioti del Risorgimento?