Articolo di Alberto Quadrio Curzio dal Corriere della Sera di giovedì 23 giugno 2011.
Le odierne convulsioni del nostro Paese, gli ultimatum per una riforma fiscale, la sottovalutazione dei vincoli europei di finanza pubblica suggeriscono di rivisitare, in occasione delle celebrazioni dei 1,5o anni dell’Unità d’Italia, la personalità e l’opera di Quintino Sella che nel e col rigore di bilancio contribuì a modernizzare l’Italia nei difficilissimi anni dopo l’unificazione. Perciò Sella, che visse solo 57 anni (1827-1884) e che fu ad un tempo scienziato e statista, rappresenta tuttora un esempio sul quale meditare, sia pure in breve, con qualche richiamo al presente. Come scienziato, dopo la laurea in ingegneria idraulica a Torino ne11847, si perfeziona in Francia e in Inghilterra dove si interessa della manifattura. Ritornato a Torino ne11852 diventa subito docente al Regio Istituto tecnico e poi professore all’Università. La vastità delle sue competenze scientifiche gli consentirà anche di rifondare e presiedere da11874 l’Accademia dei Lincei. Non più ministro, egli dedicò infatti ai Lincei, fino alla fine della vita, il suo ingegno di scienziato ma anche di umanista per ricostruire l’Accademia sui principi fissati agli inizi del i600 da Federico Cesi e Galileo Galilei. In questa continuità i Lincei completavano per Sella l’identità dell’Italia unita (e perciò egli chiese e ottenne dallo Stato un forte sostegno) che doveva rafforzare anche la propria scienza. Come statista la vita politica di Sella inizia da deputato al Parlamento subalpino nel 186o. Ministro delle Finanze tre volte (marzo-dicembre 1862, settembre 1864-dicembre 1865, dicembre 1869-luglio 1873), Sella fu uno statista-economista determinante in quel decennio nelle principali scelte dello Stato unitario. Egli svolse tra l’altro un ruolo determinante nel trasferimento della capitale a Roma per scolpire con la stessa l’identità dell’Italia unita. Quella identità e unità che non deve essere oggi compromessa o intaccata pur con il necessario passaggio al federalismo che configura anche uno status particolare a «Roma Capitale». Qui devono perciò stare i ministeri, sia pure molto snelliti nella logica di una Repubblica federale, anche per i rapporti europei e internazionali. Nel governo dell’economia il contributo di Sella al pareggio di bilancio, sia pure raggiunto dopo di lui, fu cruciale per il consolidamento dello Stato unitario. La sua politica fiscale, che secondo molti improntò per un secolo il sistema tributario italiano, si fondò su varie (e talvolta nuove) imposte tra cui quella di ricchezza mobile e quella, famosa, sul macinato. Questa tassa fu resa esecutiva facendo dei mugnai gli esattori e utilizzando ottimi laureati in ingegneria per controllare le macine. Tassò anche i titoli del debito pubblico allora in gran parte in proprietà dei benestanti. Sella era però consapevole della delicatezza in materia fiscale come risulta anche da un suo discorso del 1874. Nello stesso egli rilevava che erano auspicabili le riforme tributarie capaci di ridurre le noie ai contribuenti e di far pagare le tasse a chi doveva, così da avvantaggiare la giustizia e l’erario. Ma egli aggiungeva anche: «(…) Sarebbe grave colpa mutare senza fare molto meglio, giacché la innovazione, specialmente in fatto di tasse, è per sé una perturbazione». Sella vendette quindi beni demaniali a finalità non pubblica, i beni confiscati all’asse ecclesiastico, affidò alla gestione privata ferrovie, canali navigabili e altro. Riuscì però anche a finanziare, con selettivo rigore, investimenti infrastrutturali per l’unificazione statuale ed ebbe grande attenzione all’istruzione. Tutto ciò fu possibile anche perché parte rilevante della classe politica del tempo pose l’interesse nazionale sopra quello di parte e di partito, coniugando rigore civile e competenza professionale, dando a Sella un notevole supporto per sue dure scelte di politica economica. In conclusione. Ne11928 Benedetto Croce scrisse che la destra storica, della quale Sella fu una delle personalità di maggiore spicco, era una «eletta di uomini… da considerare a buon diritto esemplari per la purezza del loro amore di patria (…) per la serietà e dignità del loro abito di vita, per l’interezza del loro disinteresse, per il vigore dell’animo e della mente». Quanto a Sella egli scrisse che fu d’eroe che impersonò la lotta per il pareggio (di bilancio, ndr) …con tenacia pari solo al coraggio di superare ogni sorta di ostacoli e reggere alle strida dolorose dei tassati e all’odio che gliene veniva». Ai Lincei, a cento anni dalla morte di Sella, Rosario Romeo disse che se gli italiani «vorranno trarre ispirazioni dal passato per il loro avvenire, potranno (…) riandare al suo progetto di un’Italia più seria e più solida, più moderna e più fiduciosa in sé stessa e nel suo ruolo in Europa e nel mondo». È quanto il presidente Carlo Azeglio Ciampi ha sostenuto con forza nel suo settennato e il presidente Giorgio Napolitano di continuo propugna anche a celebrazione dei 15o anni dall’Unità d’Italia.