LETTERE al Corriere della Sera 13 ottobre 2022
Caro Aldo, nella sua risposta (Corriere, 28 settembre) ho notato che, tra i nomi degli illustri piemontesi da lei citati non appare quello di Luigi Einaudi. Non voglio credere che si sia trattato di una volontaria omissione, bensì di un semplice lapsus calami. Io, da liberale quale sono stato e quale sono tuttora nella mia tardissima età, ma purtroppo senza più quel partito di Benedetto Croce e Luigi Einaudi in cui militai, ne sono rimasto dispiaciuto, pur, come ho già detto, non facendogliene una colpa. Perché non ci parla di questa grande figura di cui sarebbe attualissimo oggi rileggere le sue stupende pagine del libro «Le prediche inutili»? Luigi Morelli, Fabriano (An)
Caro Morelli, lei ha perfettamente ragione. Il nome di Luigi Einaudi e di suo figlio Giulio mi è rimasto nella penna. Ma ora rimediamo. Quando chiesi a Elémire Zolla, lo scrittore-sciamano che leggeva il Mahabharata in sanscrito, quali fossero stati i libri della sua formazione, rispose: «La Scienza delle Finanze di Luigi Einaudi. È il libro più importante mai stato scritto da un italiano nel secolo ventesimo».
Einaudi insegnava all’Università di Torino. Un giorno gli entrò in ufficio uno dei suoi studenti. Una matricola. Era il figlio di un droghiere, che aveva una bottega nel centro di Torino. Quel ragazzo chiese a Einaudi se volesse scrivere un articolo per una piccola rivista che aveva deciso di pubblicare. Specificò di non poter pagare. Einaudi fu attratto dalla sua intelligenza, e anche dal suo coraggio. E rispose che avrebbe scritto molto volentieri l’articolo, senza compenso. Il ragazzo si chiamava Piero Gobetti, e sarebbe morto qualche anno dopo in esilio, a Parigi, dopo essere stato manganellato per tre volte. Einaudi fu tra i liberali che si illusero di poter usare il fascismo contro le sinistre e ricondurlo nell’alveo della democrazia. Si accorse ben presto di essersi sbagliato. Non fu un antifascista attivo, giurò fedeltà al regime come quasi tutti i docenti; ma un altro suo allievo illustre, Edgardo Sogno, lo ricordava al suo esame di laurea in camicia bianca, in mezzo a colleghi in camicia nera.
Dopo la Liberazione, Einaudi fece la politica economica del nostro Paese, da ministro delle Finanze, governatore della Banca d’Italia, presidente della Repubblica. Era favorevole a una lira forte e contrario all’assistenzialismo: sosteneva che la ricchezza, prima di essere redistribuita, andasse creata. A lungo molti commercianti italiani hanno affisso nella loro bottega una sua citazione, in cui elogiava la laboriosità dei negozianti, degli artigiani, dei piccoli imprenditori, e prendeva le loro difese dall’invadenza della burocrazia. Ha vissuto una vita lunga e serena, e riposa in un luogo molto bello, un giardino nel cimitero di Dogliani, accanto alla signora Ida, a Giulio e altri figli e parenti, di cui tutti sulle Langhe custodiscono una memoria grata e affettuosa.
Aldo Cazzullo