Edoardo Matania Primo incontro Mazzini e Garibaldi Stampa 1892
LETTERE al Corriere della Sera 15 febbraio 2024
Caro Aldo, mi sono imbattuto nella sua risposta a un lettore, nella quale illustrava la vicenda dei «Martiri di Gerace», eroi risorgimentali. Insegnando nelle scuole primarie, posso attestare che il Risorgimento è sparito dai libri di Storia delle scuole primarie. Non ritiene che dietro questo inquietante fenomeno, vi sia una grande responsabilità da parte di una certa cultura universalistica che etichetta come reazionario e retrodatato qualsiasi riferimento a una identità italiana? Francesco Gerace
Caro Francesco, la sua lettera mi ha ricordato un recente incontro in un liceo di Genova. Alla fine, un ragazzo mi ha detto: «Come posso essere orgoglioso di essere italiano, se penso a come è stata fatta l’Italia? Garibaldi era un personaggio orribile, era legato alla massoneria!». Ora, Giuseppe Garibaldi di fatto era genovese. Il padre era di Ne, che oggi fa parte della città metropolitana di Genova, dove molti — compresa la sindaca — si chiamano Garibaldi. La madre era figlia di pescatori di Loano, provincia di Savona. Lui nacque a Nizza, ma a 14 anni era già a Genova, iscritto al registro dei mozzi. Genovese è stata la sua formazione politica. Sono genovesi Giuseppe Mazzini, Nino Bixio, Goffredo Mameli, gli uomini cui dobbiamo una patria.
Che un ragazzo genovese dica questo di Garibaldi mi pare incredibile. I suoi insegnanti mi hanno assicurato che è colpa dei social, su cui in effetti non solo i neoborbonici ma in generale i denigratori del Risorgimento sono fortissimi, per la serie: le cose non stanno come ce le hanno raccontate, ma noi per fortuna la sappiamo lunga. Al ragazzo ho risposto che la massoneria all’inizio dell’800 non era la P2, e neanche un’associazione di mutuo soccorso, ma la forma organizzativa necessariamente segreta con cui i liberali e gli anticlericali lottavano contro l’assolutismo, le forche, la tortura, i ghetti, i tribunali ecclesiastici, il potere temporale del clero. E che Garibaldi è stato un grande italiano, del tutto disinteressato alle cose materiali, un uomo coraggioso e generoso; per dirne solo una, salvò nella sua vita dodici persone che stavano per annegare. Il liceale mi è parso sinceramente disposto ad approfondire. Di sicuro il disprezzo per la nostra storia fa parte del generale disprezzo che gli italiani hanno per sé stessi come popolo e come Stato, tanto quanto adorano la propria famiglia, il proprio clan, il proprio campanile e la propria immagine riflessa nello specchio del telefonino.
Non sempre le guerre alla lunga sono vinte da chi è uscito vincitore sul campo. Franco alla fine ha perso la guerra civile: oggi la Spagna è democratica e libertaria, gli omosessuali si sposano, non è certo il Paese che il Caudillo sognava. In Vietnam oggi vige il capitalismo più sfrenato, la guerra alla lunga l’hanno vinta gli americani e non i comunisti (ovviamente me ne rallegro). In Italia la guerra civile seguita all’unificazione l’hanno vinta i briganti e non i bersaglieri, Ninco Nanco e non Cialdini. E l’Italia di oggi assomiglia molto più al Regno di Franceschiello che a quello sognato da Cavour.
Aldo Cazzullo
Il brigante Ninco Nanco