Firenze, Piazza de’ Frescobaldi 1
In origine era il principale palazzo dei Frescobaldi, posto in piazza de’Frescobaldi nei pressi del nuovo ponte che la famiglia aveva finanziato, prima in legno (1282) poi in muratura, davanti alla propria torre e alla loggia.
Tra la fine del Duecento e i primi del Trecento, ai tempi di Berto Frescobaldi, il prestigio del palazzo fu tale che in più di un’occasione ospitò personaggi illustri, dato che, come ricorda Dino Compagni nella sua Cronica, “lo spazio era grande, e il luogo sicuro”. Così accadde nel 1301 con Carlo di Valois, inviato a Firenze da Bonifacio VIII quale paciere tra le fazioni dei Bianchi e dei Neri. Il palazzo fu incendiato nel Trecento, quindi ricostruito e poi alla fine del Cinquecento (1575) incorporato nel convento dei Canonici Regolari Agostiniani, annesso all’adiacente chiesa di San Jacopo sopr’Arno. Quindi, trasformato radicalmente su progetto dell’architetto cortonese Bernardino Radi (Cortona, 1581 – 1643), con un cantiere aperto attorno al 1640 e finanziato da Ferdinando III (Firenze, 1610 – 1670, che portò a definire sia i due prospetti sia il grande chiostro.
Nel 1703, per volere di Cosimo III (Firenze, 1642 – 1723), l’ordine fu soppresso e nel convento subentrarono i Padri della Congregazione della Missione (ecco l’altro nome con cui è conosciuto il palazzo, Palazzo della Missione), padri soprannominati a Firenze Barbetti per la foggia della barba alla francese, provenienti da Roma. Per esigenze di spazio nel 1709 il palazzo fu ampliato con l’aggiunta di un terzo piano. Soppresso il convento nel 1808, venne ripristinato nel 1816, quindi occupato dal Governo italiano e passato al demanio dello Stato nel 1866.
In questo stesso anno, dopo alcuni lavori di adeguamento diretti da Giovanni Castellazzi, essendo assurta Firenze a Capitale d’Italia (1865-1871), buona parte dell’edificio fu occupato dagli uffici del Ministero della Marina.
Nonostante l’originaria destinazione a sede religiosa, l’edificio si presenta con caratteristiche proprie dell’architettura civile seicentesca, sostanzialmente riconducibili al progetto del poco conosciuto Bernardino Radi, che tuttavia qui rivela un’attenta ricerca formale, affidata a episodi plastici di felice invenzione, unici nel panorama cittadino. Come tali sono riconoscibili gli elementi che scandiscono l’elegante prospetto del palazzo: l’inconsueta sequenza verticale formata da finestra rettangolare al piano terreno, finestrella del mezzanino e nicchia ovale; il maestoso portale, ridondante assemblaggio di partiti architettonici e decorativi. Nelle nicchie che si dispongono sulla facciata sono poi i busti in marmo di Ferdinando I, Cosimo II e Ferdinando II, di Antonio Novelli (ante 1661), e di Cosimo III, opera di Carlo Andrea Marcellini (1721). Sulla facciata, nello spazio fra l’arco e il timpano del portale, è una lapide in memoria della munificenza di Ferdinando II che, come abbiamo detto, contribuì largamente alle spese per la costruzione del convento . Sempre sulla facciata sono altre lapidi poste dal Comune a ricordare sia la destinazione dell’edificio quale Ministero della Marina, sia le vicende relative alla ricostruzione del vicino ponte di Santa Trinita. Il prospetto sul fiume, leggermente concavo al centro, ha finestre di fogge e dimensioni diverse e due ordini di grandi aperture centinate e balaustrate. All’interno, sulle pareti di una cappella della chiesa (ora aula magna del Liceo Machiavelli), realizzata su disegno di Giovanni Battista Foggini tra il 1720 e il 1721, sono visibili due affreschi raffiguranti La lavanda dei piedidi Niccolò di Francesco Lapi e L’apparizione di Gesù sul lago di Tiberiade di Pier Dandini con quadrature di Rinaldo Botti.
Attualmente l’edificio è occupato dal Liceo Machiavelli (Classico, Scienze umane, Internazionale) che ha anche un’altra sede nel vicino Palazzo Rinuccini in via Santo Spirito