Il ponte sorge tra Ponte Vecchio e Ponte alla Carraia; prende il nome dalla vicina chiesa della Santa Trinità ed è uno dei ponti più belli di tutta Italia e fra i più eleganti d’Europa.
Costruito nel 1252, con il patrocinio della famiglia Frescobaldi, unisce Piazza Santa Trinita a Piazza de’ Frescobaldi, con due importanti palazzi a testa del ponte: il Palazzo Spini Feroni a nord e il Palazzo della Missione a sud.
Il palazzo dei Frescobaldi conserva ancora la struttura medievale, e la vicina piazza intitolata sempre a questa famiglia perché furono loro che nel 1252 fecero edificare il primo attraversamento dell’Arno che poi divenne, in seguito alle ricostruzioni, Ponte Santa Trinita. Era un ponte di legno che univa Via Tornabuoni con l’altra riva dell’Arno.
Crolla nel 1259 sotto il peso della folla che assisteva ad uno spettacolo sull’Arno, e a rimetterlo in piedi saranno i monaci architetti Giovanni e Ristoro.
Venne riedificato in pietra, ma cedette sotto la spinta della grande piena del 1333 che risparmiò solo Ponte alle Grazie. La successiva riedificazione fu lenta e durò un cinquantennio iniziò soltanto nel 1346 e, data la scarsa importanza del ponte, fu completata nel 1415.
Una nuova alluvione, nel 1557, spazzò via il ponte, che però permise la costruzione della struttura odierna. Cosimo I de’ Medici incaricò Bartolomeo Ammannati di realizzare un nuovo ponte, più resistente e più bello, che fosse all’altezza dell’importanza di Via Tornabuoni e di Via Maggio, dove si erano stabilite molte famiglie nobili della corte medicea. La progettazione durò ben 10 anni, sembra con l’aiuto di Michelangelo nel disegno, il quale suggerì la moderna linea ellittica delle tre arcate, che pare si rifacesse ai suoi studi messi in pratica nelle tombe delle Cappelle Medicee e nella scalinata del vestibolo della Biblioteca Medicea Laurenziana.
Questa linea curva è un’innovazione che anticipa la moda del barocco ed ha anche un’importante risvolto tecnico, perché ha una resistenza statica chiamata anche dell’arco di catenaria, la versione capovolta cioè della figura che disegna una pesante catena sospesa per i suoi capi a due punti.
I lavori iniziarono nel 1567. Dopo tre anni il ponte era completato, e colpì immediatamente per la sua eleganza e per il nuovo disegno delle arcate.
Oltre che grazie a questa linea d’archi, il ponte deve la sua eleganza anche agli acuti piloni di sostegno, che evitano il rimanere di tronchi impigliati durante le piene, ai cartigli bianchi sugli archi ed alle quattro statue allegoriche che ne decorano gli angoli e che raffigurano le quattro stagioni: collocate nel 1608, due sono opera dello scultore seicentesco Pietro Francavilla (Primavera e Inverno) e due di Giovanni Caccini (Estate e Autunno); celebravano le nozze di Cosimo II con Maddalena d’Austria.
Fino ai primi decenni del Novecento, l’11 novembre, per la festività di San Martino, sul ponte e sulla parte iniziale dell’attigua Via Maggio si svolgeva la caratteristica fiera dei “trabiccoli“, le cupole fatte di assicelle di legno usate per scaldare o asciugare panni o lenzuola con uno scaldino. La “fierucola di San Martino”, animata dai richiami dei venditori, era fatta di piccolo commercio e artigianato povero.
Il ponte insieme agli altri salvo Ponte Vecchio fu distrutto dai tedeschi in ritirata il 4 agosto del 1944. Di fronte alle macerie della guerra, Bernard Berenson chiese (sul primo numero del «Ponte» di Piero Calamandrei) che Firenze risorgesse «com’era e dov’era». Si aprì un lungo e acceso dibattito, il cui frutto migliore fu la ricostruzione del Ponte a Santa Trinita, appunto com’era e dov’era. Lo stesso Berenson, e poi figure come Ugo Procacci, Mario Salmi, Edoardo Detti si opposero con forza all’uso del cemento armato nella struttura interna del ponte, e Carlo Ludovico Ragghianti (autorevole storico dell’arte, ma anche presidente del CLN toscano e capo del governo provvisorio che aveva liberato Firenze) scrisse con perfetta lucidità che «la caratteristica di un’opera d’arte consiste anche nella sua tecnica, che non è scissa dalla sua forma».
Nel 1952 fu incaricato l’architetto Riccardo Gisdulich per la direzione dei lavori di ricostruzione, insieme all’ingegnere Emilio Brizzi; pertanto furono ripristinate le arcate con la curvatura della catenaria, per la pietra arenaria si riaprì una cava storica nel Giardino di Boboli e si ripescarono in Arno le pietre rimaste intatte.
Il ponte ricostruito fu inaugurato il 16 marzo 1958. Le quattro statue vennero ripescate nell’Arno in quegli anni, per ultima nel 1961 venne ritrovata la testa della Primavera.
Attualmente ha suscitato polemiche l’inserimento di un cordolo di cemento sulla carreggiata del ponte per realizzare un percorso ciclabile a scapito dell’estetica del manufatto storico e soprattutto nel tempo con l’avvento del turismo di massa il ponte è diventato come d’altronde in altre zone del centro storico luogo di bivacco e di sosta selvaggia