Lettera al Corriere della Sera 12 novembre 2022
Aldo Cazzullo in un suo articolo sul Corriere della Sera, dice bene: «Non è vero che nel Risorgimento non ci sia il popolo».
Istruttiva risulta in questo senso la visione del film di Alessandro Blasetti «1860», che pure racconta una vicenda romanzata sullo sfondo storico del Risorgimento: il giovane pastore e patriota siciliano Carmeliddu, sposato con Gesuzza, deve lasciare la sua donna per raggiungere il continente e qui sollecitare Giuseppe Garibaldi ad attuare lo sbarco dei Mille in Sicilia. Per realizzare il film, Blasetti legge Noterelle di uno dei Mille di Giuseppe Cesare Abba, compulsa la bibliografia prodotta per il cinquantenario della morte di Garibaldi, le carte depositate presso gli archivi di Napoli e Palermo, utilizza come fonti iconografiche il libro di Gustavo Sacerdote Mode, costumi, divise borboniche e i quadri dei pittori Girolamo Induno e Silvestro Lega.
Nasce così il film «1860» che, prodotto nel 1933, appare nelle sale nel 1934 e poi verrà rieditato nel 1951 in versione ridotta con il sottotitolo «I Mille di Garibaldi». A dispetto dell’omaggio al fascismo quando sostiene la tesi della continuità Risorgimento-Grande Guerra-Fascismo e stabilisce una somiglianza tra la figura di Garibaldi e quella di Benito Mussolini, «1860» è un film antiretorico e poco celebrativo. Non dispiacque infatti alla gioventù intellettuale antifascista: «Fummo il pubblico che batteva le mani a “1860” di Blasetti e che fischiava Forzano (regista del film di propaganda fascista “Camicia nera” del 1933)» ricorderà il comunista Lucio Lombardo Radice, figlio del pedagogista Giuseppe.
Più in particolare, il film descrive un’Italia popolata dai dialetti di diverse regioni e dagli esponenti di tutte le classi sociali.
Lorenzo Catania