Il Presidente della Repubblica è il Capo dello Stato e rappresenta l’unità nazionale.
Può inviare messaggi alle Camere.
Indice le elezioni delle nuove Camere e ne fissa la prima riunione.
Autorizza la presentazione alle Camere dei disegni di legge di iniziativa del Governo.
Promulga le leggi ed emana i decreti aventi valore di legge e i regolamenti.
Indice il referendum popolare nei casi previsti dalla Costituzione.
Nomina, nei casi indicati dalla legge, i funzionari dello Stato.
Accredita e riceve i rappresentanti diplomatici, ratifica i trattati internazionali, previa, quando occorra, l’autorizzazione delle Camere.
Ha il comando delle Forze armate, presiede il Consiglio supremo di difesa costituito secondo la legge, dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere.
Presiede il Consiglio superiore della magistratura.
Può concedere grazia e commutare le pene.
Conferisce le onorificenze della Repubblica.
Art. 87 .Tit.II della Costituzione
Politici, opinionisti, intellettuali, cittadini italiani in occasione della elezione del Presidente della Repubblica italiana si sono interrogati sul profilo politico-istituzionale che deve assumere il Capo dello Stato. Il ruolo però troppo politico, interventista nelle scelte dei partiti e del parlamento, di Giorgio Napolitano è stato considerato da molti un vulnus rispetto alla Costituzione, per cui da mero custode-garante della Legge si sarebbe trasformato sempre più spesso in controllore dell’intero meccanismo politico; l’ha potuto però fare con l’aiuto dei poteri «a fisarmonica» (la definizione è di Giuliano Amato) attribuitigli dalla Carta: cioè di poteri estensibili o restringibili a seconda delle circostanze.
Tali sono, peraltro, tutti i poteri del presidente: tutti con una forte valenza politica e rimessi alla sua esclusiva volontà. Da quelli più formali a quelli più informali: dalla nomina dei giudici della Corte costituzionale alla decisione di approvare, respingere o «consigliare», come è capitato spesso, la nomina di un ministro o la presentazione di un disegno di legge. Per certi aspetti sembra di essere tornati ai tempi dei Savoia e dello Statuto Albertino e non a caso c’è chi ha parlato di monarchia repubblicana!
Ma la ragione dell’interventismo di Napolitano sta soprattutto nel rispetto del primo comma dell’art. 87: Il Presidente della Repubblica è il Capo dello Stato e rappresenta l’unità nazionale; rappresentare infatti l’unità nazionale e cioè garantire gli interessi dell’Italia e degli italiani ha significato in questi anni di crisi politica, economica e morale, sia nel Paese che nelle relazioni internazionali, assumere un ruolo forte da padre della Patria, una patria in pericolo di disgregazione e di rovina.
E questo avviene giustamente in tutte le nazioni democratiche: negli Stati Uniti dopo l’11 settembre democratici e repubblicani hanno dimenticato i loro contrasti e si sono sentiti uniti dietro George W. Bush; in Francia il presidente Francois Hollande per la fermezza mostrata nei giorni tragici degli attentati a Parigi ha recuperato quel consenso popolare che ultimamente aveva in gran parte perduto.
In Italia, pur non essendoci stati eventi drammatici come in Francia e negli Stati uniti, in tempi grami per lo smarrimento e l’impotenza delle forze politiche di fronte ad un crescente declino sia economico che etico, Giorgio Napolitano con le sue scelte ha garantito la coesione della comunità nazionale.
E non a caso si è servito anche di rituali simbolici che richiamano il senso ed il sentimento di appartenenza alla Patria, ridando valore ai segni distintivi di una Nazione: l’inno di Mameli, il Tricolore, la sua Storia con le celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia. Quella religione civile che caratterizza tutte le altre nazioni e che purtroppo è ancora carente in Italia.
Il Presidente della Repubblica italiana deve essere sì un Capo di Stato con un forte profilo politico-istituzionale, ma soprattutto deve essere il Presidente di tutti gli italiani!