“La Costituzione affida al Capo dello Stato il compito di rappresentare l’unità nazionale. Questo compito – che ho cercato di assolvere con impegno – è stato facilitato dalla coscienza del legame, essenziale in democrazia, che esiste tra istituzioni e società; e che la nostra Costituzione disegna in modo così puntuale… Soprattutto nei momenti di grave difficoltà nazionale emerge l’attitudine del nostro popolo a preservare la coesione del Paese, a sentirsi partecipe del medesimo destino. Unità istituzionale e unità morale sono le due espressioni di quel che ci tiene insieme. Di ciò su cui si fonda la Repubblica”.
Dal discorso di fine anno 2021 di Sergio Mattarella
Nei giorni scorsi abbiamo rischiato di disperdete il pur piccolo capitale di serietà, credibilità, fiducia in sé stessa che l’Italia ha accumulato negli ultimi due terribili anni. E questo perché, nel corso della procedura per eleggere il Presidente della Repubblica, i partiti sono spesso apparsi più preoccupati di promuovere i loro interessi elettorali che l’interesse della Repubblica. E se è vero che la politica, il governo della “polis” è da sempre anche manovra e potere, in occasione delle elezioni del Presidente il collegio dei grandi Elettori ha soprattutto il compito di scegliere chi «rappresenta l’unità nazionale».
Gli ultimi Presidenti della Repubblica hanno svolto questo ruolo nel migliore dei modi, come del resto le altre funzioni previste dall’articolo 87 della Costituzione.
Carlo Azeglio Ciampi ha riconciliato gli italiani con i loro simboli: l’Inno di Mameli, il Tricolore e il Quirinale, che chiamava la “casa di tutti gli italiani”. Nei momenti di disorientamento politico è stato anche il pacificatore che ha spento mille focolai di scontro troppo acceso, l’arbitro dei conflitti insanabili, il predicatore instancabile del dialogo e della concertazione, il saggio che indica i nodi da sciogliere e al tempo stesso istilla fiducia.
Giorgio Napolitano ha proseguito nella ricostruzione di una forte identità nazionale, valorizzando le celebrazioni per i 150 anni dell’Unità nazionale e ribadendo l’importanza e l’attualità dei valori di democrazia e libertà, affermatisi con la lotta e il sacrificio dei patrioti del Risorgimento. E infatti negli anni della sua presidenza la data del 17 marzo è diventata una solennità nazionale la “Giornata dell’Unità nazionale, della Costituzione, dell’inno e della bandiera”, da celebrare soprattutto nelle scuole di ogni ordine e grado.
Sergio Mattarella nel suo settennato in qualità di garante dell’Unità della Patria, soprattutto in questi ultimi anni drammatici della pandemia si è rivolto sia alle istituzioni che ai cittadini italiani confidando nel loro senso di responsabilità rispetto ai sacrifici, alle rinunce e alle restrizioni che riguardavano la vita normale, nella consapevolezza che una piena cittadinanza democratica comporta diritti e doveri nei confronti della comunità in cui si vive, si studia e si lavora. In questo drammatico frangente, si è comportato come un buon pater familias, di una famiglia che è l’intera nazione, a cui ha sempre parlato con accenti fermi, ma anche rassicuranti.
Nelle elezioni di questi giorni si trattava di individuare l’erede non solo di Ciampi, di Napolitano e di Mattarella, ma anche di altri padri della patria repubblicana, da Luigi Einaudi, a Sandro Pertini, tutte figure di indiscusso prestigio e autorevolezza. Non era certo un compito facile per una classe politica, che negli ultimi anni aveva perso credibilità e consenso tra i cittadini italiani; e infatti per l’ennesima volta stava mostrando il solito spettacolo di agguati, sgambetti, tradimenti. Per fortuna del nostro Paese, abbiamo potuto contare come extrema ratio sulla generosità e sul grande senso di responsabilità del Presidente uscente. Di fronte allo stallo degli scrutini elettorali e all’incapacità di trovare un nome di alto profilo istituzionale in grado di raggiungere la maggioranza assoluta, i capigruppo dei partiti al governo e i presidenti delle Regioni hanno chiesto a Mattarella di accettare la rielezione al Colle, nonostante avesse già deciso da tempo di non ripresentarsi.
Subito dopo la sua elezione con un altissimo numero di voti Sergio Mattarella nel suo primo e breve discorso ha detto: I giorni difficili trascorsi per l’elezione alla Presidenza della Repubblica, nel corso della grave emergenza che stiamo tuttora attraversando sul versante sanitario, su quello economico e su quello sociale, richiamano al senso di responsabilità e al rispetto delle decisioni del Parlamento. Queste condizioni impongono di non sottrarsi ai doveri cui si è chiamati, e naturalmente devono prevalere su altre considerazioni e su prospettive personali differenti, con l’impegno di interpretare le attese e le speranze dei nostri concittadini.
La nobiltà di queste parole confermano che gli Italiani possono contare di nuovo non solo su una figura autorevole super partes in grado di garantire l’unità tutti i cittadini di ogni credo politico e religioso, ma soprattutto in grado di poter perseguire, in tempi ancora di emergenza economica, sociale e sanitaria, l’opera fondamentale di rafforzamento della coesione istituzionale e morale del Paese, per poter dare alle nuove generazioni un futuro più roseo rispetto alla precarietà e alle difficoltà del presente.
Sergio Casprini