«L’ han giurato. Gli ho visti in Pontida
Convenuti dal monte, dal piano.
L’ han giurato; e si strinser la mano
Cittadini di venti città.
Oh, spettacol di gioia! I Lombardi
Son concordi, serrati a una Lega.
Lo straniero al pennon ch’ ella spiega
Col suo sangue la tinta darà».
È questo l’ attacco della seconda delle Fantasie pubblicate a Parigi nel 1829 da Giovanni Berchet, il primo dei letterati risorgimentali ad attribuire un significato nazionale alla lotta dei comuni lombardi contro l’ imperatore Federico Barbarossa culminata nella battaglia di Legnano del 1176 e nella pace di Costanza del 1183. Del giuramento che sarebbe stato pronunciato nell’ Abbazia di Pontida dai delegati «di venti città» il 7 aprile 1167, peraltro, non vi è traccia nei documenti e nelle cronache del tempo: assieme alla Compagnia della Morte e al suo immaginario condottiero Alberto da Giussano ,l’ episodio fu inventato o tramandato probabilmente da cronisti molto più tardi e poi ripreso dagli eruditi settecenteschi finché insieme ai Vespri Siciliani e alla disfida di Barletta, divenne parte di quell’immaginario patriottico elaborato dalla letteratura dalla pittura, dalla musica e dalla storiografia romantiche per mostrare che durante il secolare dominio degli stranieri gli italiani avevano saputo combattere e difendere con coraggio la loro terra.
La storia quindi si fa mito e come è avvenuto in altre epoche, la leggenda per esempio della guerra di Troia come mito fondativo della nascita della città-stato di Atene, ha spinto nell’800 tanti giovani a lottare e se necessario a sacrificare la vita per l’ indipendenza e l’ unità della patria italiana.
Semmai va osservato che una mitografia elaborata ai fini della costruzione dello Stato nazionale sia stata in questi ultimi decenni recuperata e utilizzata per scopi completamente diversi dalla lega lombarda di Bossi.
In questo caso però la storia non si è trasformata in un mito, ma in una farsa.