LETTERE AL CORRIERE Corriere della Sera 7 Marzo 2020
Caro Aldo, ci si dovrebbe interrogare come mai la memoria della Grande Guerra è molto poco sentita e soprattutto poco celebrata dagli italiani. Ma del resto gli italiani sanno cosa successe esattamente quel giorno di cento anni fa? Dichiarazioni enfatiche e retoriche vorrebbero convincerli che con la vittoria nella Prima guerra mondiale l’italia completò la sua unità territoriale. In realtà, sappiamo che l’italia combatté anche per obiettivi imperialistici e colonialistici, ovvero per annettere terre non italiane, specie in area adriatica. Dobbiamo quindi celebrare l’imperialismo italiano? Farsi questa domanda è, a suo giudizio, cosa anti-italiana o sarebbe invece opportuno in nome di una seria riflessione sulla nostra storia? Gianpaolo Ferraioli Roma
Caro Gianpaolo, La risposta è no: non dobbiamo celebrare l’imperialismo italiano, ammesso che si possa definire tale. Dobbiamo ricordare però il sacrificio dei nostri nonni. Purtroppo, al di fuori della cerchia familiare, in Italia chi è morto lo è per sempre. E dei fanti della Grande Guerra non è rimasto nessuno. Il loro ricordo è affidato a noi, che non sempre siamo all’altezza della situazione. Mi è accaduto di discutere dell’intervento italiano nel primo conflitto mondiale con l’allora capo di Stato maggiore della Difesa, il generale Graziano, che ha studiato a lungo la questione anche nell’archivio dell’esercito. La sua opinione è che l’Italia non sarebbe potuta restare neutrale. In effetti tutte le grandi potenze d’Europa — ma pure le medie e le piccole, tranne la Spagna che non aveva interessi territoriali in gioco — nella primavera del 1915 stavano combattendo. Personalmente resto convinto che avesse ragione Giolitti e l’intervento sia stato un errore. Non è vero però che l’impero avrebbe ceduto le terre irredente senza combattere. Qualche offerta parziale e tardiva fu fatta, ma la premessa era l’attesa della fine della guerra e della vittoria austro-tedesca. Pensi che persino nei giorni precedenti il crollo l’imperatore Carlo era sì disposto a cessioni territoriali, ma non a trattare direttamente con gli italiani. Infatti tentò di farlo con i francesi; un po’ come il suo predecessore Francesco Giuseppe aveva ceduto prima la Lombardia e poi il Veneto non ai Savoia ma a Napoleone III. Insomma non è peregrino sostenere che gli austriaci andavano probabilmente affrontati e battuti. Non con la tattica dell’assalto frontale cara a Cadorna e a Capello, però. Aldo Cazzullo